ROMA – Da Cogne a Santa Croce Camerina, due storie simili. Nell’ultimo decennio almeno trenta “figlicidi”. Come Veronica Panarello anche Annamaria Franzoni negò di aver ucciso suo figlio, Samuele Lorenzi. Entrambe erano “estranee” nel paese dei mariti.
Scrive Renato Pezzini sul Messaggero:
(…) Le vicende di Samuele e Loris hanno da subito assunto le sembianze del «giallo» e le forme del mistero impenetrabile che le ha trasformate in casi da prima pagina.
Annamaria Franzoni, la mamma di Cogne, fu portata in una caserma di Aosta poche sere dopo la morte del figlio Samuele. Le chiesero, con molta discrezione, se fosse lei l’assassina. Lei negò, così come ha continuato a negare per tutti gli anni successivi, malgrado le condanne accumulatesi fino alla sentenza definitiva del 2008. Veronica Panarello ha fatto altrettanto, l’altra notte e ieri, nella Questura di Ragusa: «Invece di accusare me, dovreste darvi da fare per trovare l’assassino di Loris».
Le analogie, insomma, sono molte. Compreso l’isolamento nel quale le due donne hanno vissuto la loro esperienza di giovani madri, entrambe considerate forestiere – l’una a Cogne, l’altra a Santa Croce – perché arrivate da fuori al seguito di mariti indigeni, tenute un po’ a distanza proprio perché estranee alla vita del paese, come fossero usurpatrici, ficcanaso, corpi estranei da guardare con diffidenza: «Portami via da qui» fu la prima cosa che Annamaria Franzoni disse al marito quando questi tornò a casa il giorno del delitto.
Il fatto che le storie si assomiglino, tuttavia, non deve far dimenticare la differenza fondamentale fra la mamma di Cogne e la mamma di Santa Croce, una differenza che nel trambusto di questi giorni rischia di passare in secondo piano. La prima infatti è stata processata e condannata, riconosciuta ufficialmente colpevole. La seconda per il momento è semplicemente indagata, dunque fino a prova contraria ancora da considerarsi innocente malgrado gli indizi, le contraddizioni, i «sospetti della gente».
Inoltre, chi ha ucciso Loris ha provato a nasconderne il cadavere, dunque in qualche modo a occultarne la morte per provare a indirizzare le indagini verso l’ipotesi della fuga volontaria o dell’opera di un bruto. Quasi che l’assassino temesse, più che la scoperta dell’omicidio, la scoperta del «movente». E poiché non s’era mai vista, nella cronaca recente, una mamma che dopo aver ucciso il figlio prova a disfarsi del corpo, è consigliata molta prudenza prima di dire che la colpevole è senz’altro lei, Veronica Panarello.
A Cogne nessuno provò a nascondere il cadavere di Samuele. Tanto meno Annamaria Franzoni che, tornata a casa dopo aver accompagnato l’altro figlio alla fermata dello scuolabus, fu la prima a lanciare l’allarme, a chiamare i soccorsi (…)