ROMA – “Lampedusa non è un lager, seguiamo i protocolli per la loro salute”, Cono Galipò, il capo della cooperativa “Lampedusa accoglienza”, respinge le accuse dopo le foto pubblicate ieri: “Non esiste né un lager né un campo di concentramento e le immagini dei migranti che si sottopongono ai getti sanitari è una consuetudine praticata a loro difesa”.
L’intervista al Corriere della Sera:
Getti sanitari all’aperto, tutti nudi al freddo, senza un minimo di privacy, sono immagini sconvolgenti. O no?
«È il protocollo da seguire quando si spruzza un prodotto come il benzoato di benzina…».
Benzina?
«Un derivato. Un prodotto venduto in farmacia. Non è mica Ddt o gas. Va diluito e con perizia distribuito sul corpo. Ma preferiamo nebulizzare lo stesso getto in modo da evitare rossori, bruciature, effetti collaterali. Tutto questo serve per evitare l’insorgere di malattie, di manifestazioni fastidiose, a cominciare dalla scabbia, da pruriti, dal rischio di fenomeni simili».
Dicono che nessuno ha la scabbia. Che bisogno c’è?
«Questo è stabilito dai protocolli medici. Noi eseguiamo una indicazione delle autorità sanitarie».
E questa operazione, se proprio necessaria, non può essere fatta rispettando la dignità della persona, senza lasciare apparire il Centro come un lager, beccandosi le critiche di autorità, vescovo e organizzazioni internazionali come l’Alto commissariato Onu per i rifugiati o Save the Children?
«Basta con questa storia del lager perché il filmato che s’è visto in tv falsa tutto».
Non dovremmo fidarci di quel che si vede?
«Quel che appare confonde la realtà e confonde chi poi commenta fatti non reali. Non potete metterci alla gogna per qualche sequenza che non può dire nulla su quello che facciamo realmente tutti noi per i migranti. La realtà è un’altra».
Ma è reale che i ragazzi nudi nel video vengono sottoposti a queste strane docce davanti a tutti, gli abiti per terra, gli occhi di tutti su quello di turno sotto getto che se ne sta con le mani sui genitali per pudore.
«Non è affatto così. Lo spazio in cui tutto si svolge è sostanzialmente protetto dalle pareti degli stessi container. Non è vero che tutti vedono tutto».
Perché non praticare questo trattamento, se indispensabile, all’interno di un locale chiuso, per esempio nei bagni?
«Perché abbiamo un container con appena sedici bagni. Un container dove quel giorno venivano ospitate 300 persone. E se avessimo spruzzato il benzoato di benzina nelle docce avremmo fatto correre dei rischi a tutti i migranti. Avremmo poi dovuto bloccare l’uso dei bagni, attendere di smaltire odori e prodotto. All’aperto si disperde tutto. È chiaro o no?».
È certo che per molti non sarà chiaro.
«Qui si lavora notte e giorno con una abnegazione che tutti conoscono, senza mai tirarsi indietro su niente, sempre disponibili, pullman, mezzi e uomini pronti sul molo per ogni arrivo…». No, il video falsa, «così non è, anche se pare», giura Galipò rimodulando Pirandello.