ROMA – La Corte costituzionale è lottizzata, dai partiti in parlamento e dalle correnti della magistratura, un unicum in Occidente, ha il baricentro spostato a sinistra, come tutte le élite del Paese. Anche per questo non ha la necessaria credibilità.
Scrive Stefano Zurlo sul Giornale:
In compenso, stipendi e benefit, anche se non sono più quelli dei tempi d’oro, ricoprono i giudici della Consulta, privilegiati fra i privilegiati. Insomma, la bagarre che si è scatenata in parlamento per occupare due poltrone supreme la dice lunga sul malessere che attraversa una delle istituzioni portanti della Repubblica. Da giorni si va avanti con una girandola di nomi, fra bocciature clamorose, veti e controveti, il tutto in un clima di paralisi irritante. La Consulta è a suo modo uno specchio del Paese malato.
Basti dire che i presidenti da troppo tempo vengono scelti a rotazione, utilizzando il criterio comodo e facile dell’anzianità. Non si sceglie, se c’è, il più carismatico ma si guarda alla carta d’identità e così un po’ alla volta si accontentano tutti. Un criterio imbarazzante e però perfettamente oliato: Gaetano Silvestri è stato presidente dal 19 settembre 2013 al 28 giugno di quest’anno. Nove mesi e tanti saluti. Quasi un’eternità rispetto alla presidenza di Giuseppe Tasauro, il suo successore, in carica dal 30 luglio al prossimo 9 novembre quando scadrà come lo yogurt. E farà posto ad un altro collega, andando ad ingrossare il circolo nemmeno più esclusivo degli emeriti.
Sarà retorica facile ma i nostri guardiani della Costituzione portano a casa una retribuzione stellare. Ricordate la polemica sugli stipendi d’oro? Il governo Renzi aveva fissato l’asticella a quota 238 mila euro, ma in un primo momento aveva preso come punto di riferimento lo stipendio del primo presidente della Cassazione, ancorato più in alto a quota 311 mila euro. Bene, una legge costituzionale del ’53, dunque superblindata, rivista generosamente dal Cavaliere nel 2002, fa lievitare le retribuzioni dei giudici costituzionali molto più in su. Un membro della Consulta prende lo stipendio del primo giudice d’Italia, 311 mila euro, aumentato della metà. E il presidente incassa un bonus ulteriore del 20%. In soldoni, 549.407 euro, 457.839 i suoi colleghi. Altro che tetto. E c’è pure il paracadute di un regime fiscale favorevole: l’imponibile è pari solo al 70% della retribuzione. La dieta dimagrante, da queste parti, è davvero poca cosa. Renzi sul punto aveva chiesto ai quindici (oggi momentaneamente tredici) giudici di fare sacrifici e mettere mano ai tagli in casa propria. Ma la questione pare mal posta: «Contrariamente ha quanto ha lasciato intendere Renzi – ha scritto sul Fatto Quotidiano il professor Giuseppe Valditara – il trattamento dei giudici costituzionali può essere modificato solo con una legge costituzionale e dunque, di fatto, con una iniziativa del governo». In sostanza il premier vuol cedere ad altri il cerino che lui e solo lui potrebbe spegnere. I paragoni sono impietosi: «Gli omologhi canadesi – nota Valditara – percepiscono 216mila euro, quelli del Regno Unito 235mila euro, il Presidente della Corte suprema Usa solo 173mila» (…)