ROMA – Il lavoro flessibile parte da Expo. Il Corriere della Sera: “Accordo sui contratti, il lavoro flessibile parte dall’Expo di Milano. Il premier Letta: «modello nazionale». E il governo pone la fiducia sul «decreto del fare».”
Un delicato anniversario. L’editoriale a firma di Ferruccio De Bortoli:
“A quasi cento giorni dal suo insediamento, il governo Letta è tanto fragile quanto necessario. L’assenza di un’alternativa non lo autorizza a coltivare l’arte del rinvio, lo obbliga a un sano pragmatismo. Le necessità di famiglie e imprese, il lavoro dei giovani, i timidi segnali di ripresa da non soffocare dovrebbero essere le sole priorità. La strada imboccata è giusta, ci vorrebbe un po’ di coraggio nel tagliare le spese per abbassare le tasse, come hanno scritto sul Corriere Alesina e Giavazzi. Una strategia per ridurre il debito, al record storico del 130%, è urgente. Di cessioni pubbliche non si parla, nemmeno di quell’1% annuale del Pil, come promesso nell’era Monti. A proposito del leader di Scelta civica: le troppe critiche offuscano i non pochi meriti. L’Italia, grazie al suo governo, ha evitato la catastrofe alla fine del 2011. L’episodio è inedito ma, nelle ore più drammatiche di quel tardo autunno, un decreto di chiusura dei mercati finanziari era già stato scritto d’intesa con la Banca d’Italia. Quel decreto rimase in cassaforte — e speriamo che vi resti per sempre —, ma vi fu un momento nel quale temevamo di non poter più collocare sul mercato titoli del debito pubblico.”
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Tetto ai manager e wi-fi, il governo pone la fiducia. L’articolo a firma di Lorenzo Salvia:
“Da una parte la solita montagna di emendamenti, quasi 800, dall’altra un calendario già fitto con sei decreti da convertire in legge entro l’estate. E alla fine il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, annuncia ufficialmente nell’Aula di Montecitorio quello che già si era capito da qualche giorno: il governo mette la fiducia sul decreto del fare, il provvedimento approvato il 22 giugno dal consiglio dei ministri per rilanciare l’economia e che contiene un’infinità di misure, dall’impignorabilità della prima casa al rilancio dei cantieri con un investimento da 2 miliardi e 400 milioni. Ad essere approvato sarà il testo uscito dalle commissioni Bilancio e Affari costituzionali, con le ultime modifiche sulla liberalizzazione del wi-fi pubblico e sul tetto per gli stipendi dei manager. Un modo per non buttare via tutto il lavoro fatto in Parlamento e una prassi consolidata già con il governo Monti. In tre mesi da presidente del Consiglio Letta arriva stamattina al secondo voto di fiducia. E al di là dello scontato superamento dello scoglio, sarà interessante misurare il suo indice di gradimento che un mese fa, sul decreto emergenze, aveva fatto segnare 383 sì.”
Reddito, esenzioni e prezzi di mercato. Ecco i piani dei partiti per la nuova Imu. L’articolo a firma di Mario Sensini:
“Il partito di Silvio Berlusconi ne ha fatto lo slogan della campagna elettorale e non è disposto a cedere di un millimetro. L’unica eccezione che il PdL è disposto a concepire riguarda le case extralusso, come ville e castelli. Ma in prospettiva chiede che queste abitazioni siano definite in una categoria catastale ben precisa, comunque diversa dal classamento attuale. L’esenzione totale riguarderebbe anche i terreni e i fabbricati funzionali all’attività agricola, mentre per gli immobili strumentali delle imprese si prevede un’aliquota ridotta allo 0,4 per mille, così come per le case in affitto (0,5 per mille). L’alleggerimento sulla prima casa vale circa 3,5 miliardi di euro. E per il 2014 si ricorre a una delega al governo per introdurre, accorpando Imu e Tares, la nuova Service Tax. Gli sgravi non sarebbero coperti da altre tasse, ma da tagli di spesa, tra i quali quello delle agevolazioni fiscali per le società di investimento e i fondi immobiliari.”
Letta convoca la maggioranza: soldi ai partiti, non torno indietro. L’articolo a firma di Alessandro Trocino:
“«Sul disegno di legge che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti non si torna indietro», giura il presidente del Consiglio Enrico Letta. Che si prepara a una corsa contro il tempo, per varare sei decreti legge in scadenza, avere l’ok al ddl di riforma costituzionale, alla legge sull’omofobia e al testo sul finanziamento. Anche per questo, per mettere tutti davanti alle loro responsabilità, oggi il premier incontrerà il gruppo del Pd e domani quello del Pdl. Letta, in un tweet, pone una domanda retorica: «Abbiamo presentato una buona riforma sul finanziamento. Perché bloccarla?». Il riferimento probabilmente è alle forze che tendono alla conservazione del sistema, con la perpetuazione di un apparato di partiti novecenteschi, caratterizzati da burocrazia elefantiaca e sprechi congeniti. Ma tra gli avversari del ddl c’è anche chi sostiene che l’alternativa offerta, non allettante, è quella di affidarsi in toto ai finanziamenti privati, e quindi a tycoon , poteri forti più o meno legittimi e a lobby. Ma per Antonio Misiani, tesoriere del Pd, quindi parte di una categoria in genere ostile alla riforma, la strada scelta è la migliore: «La cosa peggiore sarebbe lasciare le cose come stanno. Perché anche in quel caso i partiti sono destinati a morire». Eppure il rischio dell’immobilismo c’è. Perché i tempi sono sempre più stretti, la data prevista d’approdo in aula del ddl, venerdì, rischia di saltare. E così il varo entro la pausa estiva dell’8-9 agosto.”
Renziani all’attacco. Epifani serra i ranghi sul sostegno al governo. L’articolo a firma di Tommaso Labate:
“Lo ripete con quello che per alcuni è un mantra, per altri un’ossessione. Come ha fatto l’altro giorno parlando con amici bolognesi: «Io voglio girare per le feste del partito, tra la nostra gente, per raccontare la mia verità». Se avesse voluto mollare la presa, allora avrebbe accolto la «grossa proposta» che alcune case editrici gli avevano fatto nelle settimane passate. Quella di scrivere un libro di memorie che avesse un inizio, la vittoria alle primarie del 2012, e una fine, il giorno del giuramento del governo Letta. Sconfitta o «non vittoria» alle elezioni, come continua a chiamarla lui, compresa. E invece niente. Dietro il «no grazie» con cui Pier Luigi Bersani ha respinto le proposte editoriali, c’è la voglia dell’ex segretario del Pd di rimanere ancorato alla nave. Già, la nave. Visto che l’epoca «di starci su come capitano» sembra alle spalle, adesso, come Bersani ha spiegato ancora l’altra sera a Roma, «voglio dare una mano da mozzo». E ha anche indicato l’ambito: il rapporto tra il Partito democratico e « il campo dei progressisti e dei democratici europei». No, un ritorno sul luogo del delitto, e cioè una candidatura alle elezioni Europee come quella nel 2004 catapultò a Bruxelles dopo una campagna elettorale condotta in tandem con Enrico Letta, quella è da escludere. «È un’esperienza che ho già fatto». Piuttosto, è l’unico indizio che ha dato, potrebbe proporsi come elemento di raccordo tra il partito che guidava e i rappresentati degli altri partiti socialisti o socialdemocratici dell’Ue, con cui l’anno scorso aveva stretto i bulloni di un rapporto in previsione di quell’approdo a Palazzo Chigi che poi non c’è mai stato.”
Svolta sui contratti flessibili. La Stampa: “Ieri è stato firmato fra la società Expo 2015 e i sindacati confederali un accordo che regola con accentuata flessibilità le assunzioni per il personale strettamente impegnato nella manifestazione. Per Letta quest’intesa «può essere un modello nazionale». Il governo intanto pone la fiducia sul decreto del Fare.”
Il Papa improvvisa, sicurezza in tilt. L’articolo a firma di Giacomo Galeazzi:
“«Con lui tutto può accadere», concordano i suoi collaboratori. Se una tempesta tropicale non glielo avesse impedito, ieri un nuovo fuori programma avrebbe gettato la macchina organizzativa nel panico. Proprio com’è accaduto lunedì, quando al suo arrivo all’aeroporto Francesco ha chiesto di recarsi in cattedrale prima che al palazzo del governo. L’effetto da incubo è stato l’imbottigliamento nel traffico. Ieri voleva allargare le sue braccia insieme a quelle del Cristo del Corcovado, ma il maltempo ha reso impossibile la visita alla statua del Redentore che domina Rio, considerate anche le difficoltà logistiche della zona. Così la Gmg si è ufficialmente aperta senza appuntamenti pubblici del Pontefice né sorprese dell’ultima ora. Francesco ieri mattina ha celebrato la messa in privato nella cappella della residenza di Sumarè, la sede dell’arcivescovo di Rio dove alloggia. Poi ha avuto una serie di colloqui e incontri, a metà tra il lavoro e l’amicizia e ha visto alcuni vescovi latinoamericani.”
“Per fortuna somiglia a Kate Il nome? Ora ci lavoriamo”. L’articolo a firma di Claudio Gallo:
“Kate e William che sbucano dalla porta della Lindo Wing, con il fagottino dell’ancora innominato Royal Baby Boy! Le cose che in questo grazioso feuilleton globale andavano a rilento, hanno preso ieri una velocità inaudita. A poche ore dal parto già fuori. Finalmente i reporter davanti all’ospedale di Saint Mary, nel centro di Londra, hanno avuto qualcosa da mordere. Belli bravi e buoni, i duchi di Cambridge, vestiti in nuances dello stesso azzurro, lui in camicia, hanno bucato le telecamere con il piccolo futuro re di cui si vedeva spuntare solo la testolina e le manine aggrinzite da neonato. Urla e applausi dalla piccola folla assiepata nello stretto spazio davanti l’ingresso della maternità privata. Radiosa, sorridente, con gli occhi appena velati dall’emozione, Kate ha ceduto il piccolo, che reggeva con il braccio sinistro e la destra di rinforzo, al padre. La coppia è scesa dai gradini per offrirsi in pasto a quella specie di mostro fatto di tele-obbiettivi, microfoni, scalette che rumoreggiava chiedendo la sua parte. Ovviamente il nome. George, come dicono i bookmaker? William sorride e dice «wait and see», stiamo a vedere. «Abbiamo avuto ancora poche possibilità di godercelo, dobbiamo metterci al passo», dice. Scherza: «È un bambinone, ha più capelli di me, grazie a Dio». E poi: «Per fortuna somiglia a lei». Al che Kate interviene: «Non ne sono tanto sicura». Dopo aver sistemato il Royal Baby Boy su un seggiolino sul sedile dietro di una Range Rover, la coppia è sparita tra gli applausi in direzione di Kensington Palace. Finalmente a casa, da soli (insomma, con qualche aiuto) a spupazzarsi la loro creatura.”
Quasi perfetta. Tania, stavolta l’oro sfugge all’ultimo tuffo “Ma questi centesimi non possono abolirli?”. L’articolo a firma di Giulia Zonca:
“L’impossibile non è mai stato così reale: Tania Cagnotto davanti alle cinesi, prima per una gara intera, in vantaggio di 5 punti quando manca un solo tuffo per decidere il podio da un metro e all’improvviso l’attimo buono per l’impresa evapora. Tra Tania e la storia restano 10 centesimi di punto, il margine più ristretto mai visto in un Mondiale, solo che lei stavolta ride: «Questa esperienza l’ho già fatta, non mi turba nulla: ho vinto un argento e sono felice». Seconda, fregata da He Zi però meglio di Wang Han, le gerarchie un po’ sono cambiate e questo è il risultato migliore mai fatto in solitaria dall’azzurra. Quegli impalpabili 10 centesimi sono quasi un segno della cura, la prova che le Olimpiadi sono davvero superate perché l’anno scorso Tania stava piangendo tra le braccia del padre per la medaglia mancata di 20 centesimi (sempre quelli) e stavolta i due si scambiano uno sguardo furbo e allargano le braccia: «La sfortuna non ha proprio fondo». Per essere ancora più chiari arriva anche il tweet: «Sti centesimi non si possono abolire?», ma quelli di Barcellona non fanno male, non lasciano strascichi, solo uno strano brivido per un sogno mancato di poco. Nessuno però ci aveva costruito sopra speranze, quindi nessuno ne sente la mancanza: «Forse non mi ricapiterà un’occasione del genere, forse un giorno ci ripenserò e mi darà fastidio, adesso no. Un Mondiale così era quello che serviva dopo i Giochi. Non avrei potuto smettere lì, non mi sarei mai ripresa invece ora sono soddisfatta, magari non mi devo accanire a inseguire le Olimpiadi. Un anno ancora lo faccio, poi valuterò». E non è così strano che la riflessione sul futuro arrivi con un argento al collo.”