ROMA – La riforma della burocrazia sarà varata ad aprile, garantisce Diodato Pirone sul Messaggero e ne anticipa alcuni “punti qualificanti”.
Innanzitutto si punta a sciogliere il nodo dei nodi: lo spessore degli stipendi dei 5.000 dirigenti pubblici italiani. Alla squadra di Renzi non va giù soprattutto un elemento: la ghiotta “indennità di risultato”. Una voce che qui e là (ad esempio a Palazzo Chigi) si misura a tre zeri. Parecchie volte a quattro. Quest’indennità era nata una ventina d’anni fa con l’obiettivo di iniettare un po’ di meritocrazia nel pachidermico corpaccione dello Statoe. Ma nel giro di pochi anni l’indennità si è trasformata in un lauto premio garantito praticamente a tutti i dirigenti.
Che fare allora? L’idea è quella di restringere i criteri di assegnazione dell’indennità e di prevederla solo se l’intero ufficio raggiunge determinati target. Il risultato, insomma, sarebbe quello dell’ufficio e non più del singolo dirigente in modo da diffondere il ”gioco di squadra” negli uffici statali. Il dossier retribuzioni prevede un secondo capitolo: la riduzione del tetto massimo per i dirigenti più importanti. Il governo Monti lo ha già abbassato a circa 300 mila euro annui. Che non possono essere superati anche dagli alti burocrati con doppio o triplo incarico. Ora questa soglia potrebbe essere ulteriormente sforbiciata, ad esempio prendendo come punto di riferimento la busta paga del presidente della Repubblica che veleggia intorno ai 250 mila euro.
Il secondo piatto forte della riforma della dirigenza pubblica è quello della rotazione. Il governo pare intenzionato a stabilire che i dirigenti pubblici non possano sedere su una identica poltrona per più di cinque sei anni.
Poi c’è un terzo paletto: la riforma dei concorsi. Si va verso la nascita del cosiddetto “Albo unico dei dirigenti”. Questo significa che lo Stato indirà concorsi per dirigenti ministeriali in genere che solo successivamente potranno essere indirizzati presso questa o quella amministrazione.
La riforma però non si limiterà a prevedere solo norme per la burocrazia. Tra i progetti su cui il lavoro è già a buon punto c’è ad esempio il piano sull’Agenda digitale, appena definito (su incarico di Enrico Letta) dal supermanager Francesco Caio. Il dossier per molti aspetti tocca anche la pubblica amministrazione. È il caso ad esempio della fatturazione elettronica, che secondo Caio potrebbe portare risparmi fino a 8-10 miliardi.