I funerali di don Andrea Gallo a Genova e la proclamazione di don Pino Puglisi beato a Palermo sono notizie comuni a molti giornali in Italia. La cosa interessante di una rassegna stampa è il diverso modo in cui le due notizie sono state date e il diverso taglio di cronaca e titoli.
Mentre per tutti la beatificazione di don Pino Puglisi non si discute e è salutata da un coro unanime e un po’ di ovvia scontata retorica in presenza di un possibile santo, la figura di don Andrea Gallo divide i giornali italiani. Si va da “santo subito” a una polemica quasi oltraggiosa, specie sull’aspetto divistico di don Gallo.
Che ci fosse una componente di divismo in don Gallo è abbastanza evidente: resta da vedere quanto sia stata strumentale e funzionale a una più efficace azione pastorale di penetrazione in ambienti più ostici alla Chiesa e alla fede.
C’è da dire che la Chiesa di Genova ha offerto e offre esempi illustri quanto efficaci e altrettanto poco noti di sacerdoti impegnati in azioni concrete di aiuto ai più poveri, ai reietti, senza che i giornali, nemmeno quelli locali, se ne occupino, né in vita né in morte.
C’è da dire anche che la Chiesa genovese ha offerto esempi illustri di sacerdoti caduti in disgrazia presso il cardinale Giuseppe Siri e schiantati dal potere della Curia o esiliati sul serio, mandati fuori da Genova, senza ritorno e senza troppo clamore. E ci sono anche sacerdoti che ancora oggi sfidano il potere della Curia, certo con risultati meno schiaccianti del passato, forse anche in questo caso per avere ottenuto una certa visibilità giornalistica che rende più difficile la repressione.
La rassegna ha inizio dal Fatto quotidiano, giornale che di don Andrea Gallo ha fatto una icona, con una punta in occasione degli 83 anni del sacerdote. Al funerale va il titolo principale, la apertura del giornale
“Genova per don Gallo contesta Bagnasco”
con sottotitolo:
“In migliaia al funerale del ‘prete di strada’ che cambierà per sempre la storia della Chiesa. Non solo per i fischi al presidente Cei per un infelice passaggio sul cardinal Siri. Ma anche per la varia e “diversa” umanità sotto l’altare. E il ‘Bella ciao’ fra gli inni sacri”.
La cronaca di Elena Rosselli è eccellente, anche per il rispetto delle ragioni del cardinale Angelo Bagnasco, contrapposte a quelle di una parte del pubblico. Vediamo il passo centrale:
“I ripetitori hanno appena portato all’esterno una frase che colpisce i presenti dritta nello stomaco come un cazzotto. “Nel 1964 don Andrea bussò alla porta dell’arcivescovo di Genova, il cardinale Giuseppe Siri – che ha sempre considerato un padre e un benefattore – per chiedere di essere accolto come sacerdote diocesano. E così avvenne”.
“Vergogna, bugiardo, vattene”.
Quello che all’inizio dell’omelia è ancor meno del tipico mugugno genovese, dopo il riferimento a Siri diventa un vero coro di sdegno.
“Il punto della contesa risale al 1970 quando l’allora arcivescovo Siri, molto conservatore, allontana don Gallo dal Carmine. Le sue prediche hanno contenuti “non religiosi ma politici, non cristiani ma comunisti”, il suo modo di fare è troppo sopra le righe.
“La predicazione di Andrea irritava una parte di fedeli e preoccupava i teologi della Curia, a cominciare dallo stesso cardinale” si legge sulla biografia ufficiale di don Gallo, sul sito della comunità di San Benedetto, il luogo che accoglierà Andrea dopo la “cacciata” e dove lui rimarrà fino alla fine, per 43 anni.
“Bagnasco potrebbe evitare quel passaggio, sorvolare sul rapporto tra il “Gallo” e Siri. E invece no. Non solo lo rievoca, ma ne dà una lettura precisa, in verità già accennata il giorno prima:
“Ho letto – racconta il presidente della Cei – che il cardinale avrebbe emarginato don Gallo, lo avrebbe punito, che sarebbe stato sulla strada perché abbandonato: è tutto falso. Don Gallo era viceparroco alla chiesa del Carmine e poi è stato spostato alla parrocchia di San Benedetto al Porto, dove era parroco don Federico, e con lui ha impiantato e fatto crescere la comunità di accoglienza”. Insomma, nessuno scontro di idee, ma semplice avvicendamento. Bagnasco ci crede e lo ripete davanti al popolo del Gallo.”
Per il Manifesto, che dedica la prima pagina al funerale,
“Felicità è lottare: sul sagrato della chiesa del Carmine, Moni Ovadia cita questa frase di Marx per sintetizzare la vita e l’esempio di don Andrea Gallo”.
Riferisce dei due eventi religiosi anche il quotidiano economico Sole 24 Ore, con due fotografie e due titoli sopra poche righe in neretto:
“Migliaia ai funerali di don Gallo. Bagnasco fischiato”.
“Don Puglisi è beato. Napolitano: esempio per chi lotta la mafia”.
La Stampa, di Torino, li unisce in un titolo grande in prima pagina (le singole cronache all’interno):
“L’addio al prete di strada, fischi a Bagnasco. Puglisi e Gallo, i sacerdoti simbolo riempiono le piazze. In 80 mila per don Pino beato”.
Repubblica: piccolo titolino in prima pagina solo su don Gallo. All’interno don Gallo prevale su don Puglisi:
“L’ultimo abbraccio a don Gallo. Bagnasco interrotto e contestato e Luxuria riceve la comunione”.
Dovrebbero ricordare a Repubblica che la comunione è negata ai divorziati, non agli omosessuali né ai trans: quello sono peccati che si lavano in confessione.
Sotto, più piccolo:
“”Mafiosi pentitevi e convertitevi. L’urlo nel giorno di Puglisi beato”.
Ancor più disequilibrato il Corriere della Sera. A tutte colonne:
“Don Gallo, fischi all’omelia di Bagnasco. Il capo della Cei interrotto. L’ assistente del prete di strada: non avrebbe voluto”.
L’assistente, racconta Erika Dellacasa, è
“Lilli, da trent’anni anima e «agenda» della Comunità al Porto, [che si affianca] al cardinale appoggiandosi alle stampelle cui la costringe la malattia e a riportare il silenzio. «Ragazzi — ha detto con emozione — così mancate di rispetto a don Andrea. Ricordate che se c’era una cosa a cui teneva tantissimo era il suo essere prete e diceva che la Chiesa senza testa non funziona. Lui aveva un grosso rispetto per il suo vescovo. Se vogliamo bene a Gallo impariamo ad ascoltare tutti come lui ha ascoltato noi».
“Poi, rivolgendosi al vescovo Lilli ha sussurrato «scusi, se mi sono permessa». Accanto a lei Domenico Chionetti, per tutti Megu, da anni vicino al sacerdote del porto e portavoce della Comunità, approvava: «Don Andrea non avrebbe accettato nemmeno un brusio contro il suo vescovo» ha commentato al termine della Messa”.
Di tono opposto il Giornale di Milano e di Berlusconi:
“Funerale incivile. Il pollaio di don Gallo. In chiesa centri sociali e no Tav: pugni chiusi, fischi e l’omelia interrotta da Bella ciao”.
Due pagine di cronache e commenti, dove prevale Genova:
“Fischi, cori e pugni chiusi. L’addio a don Gallo è un comizio di fanatici”.
Sotto, più breve:
“In centomila per Padre Puglisi beato”.
Crudo il confronto fra i due sacerdoti nel commento di Maurizio Caverzan:
“Due preti di strada. Ma uno faceva opere, l’altro polemiche”.
E sotto due boxini:
“Don Gallo. L’amico degli ultimi che amava stare sotto i riflettori”.
“Don Puglisi. Ucciso dalla mafia proprio nel giorno del suo compleanno”.
Sulla stessa linea Libero, che in prima pagina ha questo titolo:
“La Chiesa trasformata in un centro sociale. Funerali no global. E Luxuria fa la comunione”.