“Dopo Mafia Capitale, altri soldi a Coop e Arci”. Maurizio Belpietro su Libero

Salvatore Buzzi

ROMA – “Dopo Mafia Capitale, altri soldi a Coop e Arci” è il titolo dell’editoriale a firma di Maurizio Belpietro su Libero Quotidiano di domenica 14  dicembre.

Ecco la ragione di tanta accoglienza, il motivo di tanta solidarietà. Sono passati dieci giorni da quando a seguito degli arresti chiesti dalla Procura di Roma, si è alzato il sipario sullo scandalo di Mafia Capitale. E da allora il romanzo criminale ogni giorno si arricchisce di una nuova puntata. L’ultima riguarda proprio il sistema dell’assistenza ai profughi. Non c’era niente di umanitario nelle sollecitazioni che Luca Odevaine, ex capo della segreteria di Walter Veltroni, rivolgeva a Matteo Renzi affinché allargasse i cordoni della borsa per meglio consentire la cura dei migranti. C’era invece molto di pecuniario, perché come ha chiarito l’inchiesta dei pm romani, quello era il vero business della banda di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati.

Ogni migrante soccorso con Mare nostrum e portato in Italia era un affare e gli sbarchi di centinaia di persone disperate in fuga dai loro Paesi erano per Buzzi e complici una miniera d’oro. Più che la carità insomma interessava la cassa, ovvero il ricavato che da ogni extracomunitario si poteva ottenere: un vero commercio d’uomini, non molto diverso da quello degli scafisti. Niente di nuovo, intendiamoci. Fatta salva qualche organizzazione religiosa, composta da volontari, è un pezzo che si sa che aiutare i bisognosi è diventato un sistema, anzi un’impresa. Un’impresa benedetta da tutti, ma che alla fine ogni volta presentava il conto e che conto. Eppure si sapeva.

A tirar fuori la questione del trattamento di rom e migranti si rischiava l’accusa di vetero leghismo o, peggio, di razzismo. In realtà, la questione non riguardava né i rom né gli extracomunitari, ma i loro paladini, i quali con la solidarietà hanno fatto un affare d’oro, riempiendosi di quattrini le tasche. E questo è quel che è accaduto, ma il problema è che continua ad accadere. La facilità con cui si ottengono soldi pubblici in cambio della promessa di assistere i profughi è straordinaria. In altri settori la pubblica amministrazione richiede il certificato antimafia, una certa solidità patrimoniale, il Durc e altri mille documenti inventati per complicare la vita a un imprenditore. Chi invece si presenta per aiutare extracomunitari e rom in cambio di denaro la passa liscia senza neppure fare una gara d’appalto. A quelli di Mafia Capitale i soldi arrivavano così, saltando tutte le procedure, ignorando tutte le regole che invece gli altri sono tenuti a rispettare. Bastava dirsi delle coop e già questo apriva molte porte, se poi ce n’era una che rimaneva chiusa ci pensava Buzzi a ungere i cardini. E come ungeva.

In pratica gente che non aveva i requisiti per lavorare con settori pubblici non ha incontrato ostacoli e ha potuto continuare a coltivare i propri affari senza che nessuno la contestasse. A dieci giorni dall’esplodere dell’inchiesta, quello che è emerso, il sistema marcio che legava controllati e controllori, avrebbe dovuto indurre a una rapida pulizia, verificando come vengono spesi i soldi pubblici non soltanto a Roma, ma in tutta Italia, isole comprese. E invece no (…)

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FIlippo Limoncelli