ROMA – “Un Mundo troppo libero” sintetizza e gioca il Fatto Quotidiano dopo il licenziamento di Pedro J. Ramírez, fondatore e per 25 anni direttore di El Mundo, silurato per le troppe inchieste sulla corruzione nel Partito Popolare guidato dal premier Mariano Rajoy e liquidato con 20 milioni di euro.
IL RITMO martellante delle inchieste giornalistiche sulla corruzione nel Partito Popolare, con le rivelazioni dell’ex tesoriere Luís Bárcenas che chiamava in causa lo stesso Mariano Rajoy, sospettato di aver riscosso per anni stipendi in nero (frutto dei finanziamenti occulti delle grandi imprese edilizie), ha fatto andare su tutte le furie il premier spagnolo.
Rajoy gliela aveva giurata, e non faceva nulla per nasconderlo. Nelle rare conferenze stampa del capo del governo, a El Mundo veniva ormai di solito negato il diritto di parola. Ma che la rottura fosse insanabile, Ramírez lo aveva capito già il 20 novembre scorso, giorno di consegna del premio internazionale di giornalismo organizzato dal quotidiano. Era tradizione consolidata che alla cerimonia assistesse il presidente in carica (in passato lo avevano fatto Aznar e Zapatero, oltre allo stesso Rajoy) e un’ampia rappresentanza del governo. Questa volta, invece, il vuoto assoluto: nessun ministro, nessun rappresentante di spicco del Pp.
Lo stesso direttore se n’era lamentato il giorno dopo sulle colonne del giornale. E, intorno a Natale, intervistato dal sito internet Vozpópuli, era stato ancor più esplicito, accusando l’esecutivo di avere una politica comunicativa “miope e meschina” e di stilare “liste nere, come accadeva negli Usa ai tempi di Nixon”. Pesantissima, l’estate scorsa, l’accusa lanciata dai microfoni dell’emittente Cuatro: “Approfitto del fatto che sto in televisione per chiedere pubblicamente al presidente del governo che smetta di controllarmi, usando persino la polizia, con vigilanza e pedinamenti”.
UN CLIMA pesantissimo, vissuto con estremo imbarazzo dai vertici di Rcs, a cui si è aggiunto con un’intensità crescente il clima da guerra fredda tra il quotidiano e la Corona spagnola: El Mundo è da mesi il giornale più impegnato a rivelare i retroscena dello scandalo che ha coinvolto il genero di re Juan Carlos, Iñaki Urdangarin, e che poi si è esteso alla stessa figlia del monarca, l’Infanta Cristina (imputata per frode fiscale e riciclaggio, sarà interrogata dai giudici di Palma di Maiorca il prossimo 8 febbraio).
Tra le tante indiscrezioni che circolano sui numerosi siti “confidenciales” spagnoli, c’è anche quella secondo cui Rajoy avrebbe approfittato del viaggio di lunedì scorso a Roma per il vertice bilaterale italo-spagnolo per stringere i tempi della “defenestración” di Ramírez, facendo pressioni sui responsabili Rcs. Quel che è certo è che, per l’editore italiano, Unidad Editorial – con le sue pesantissime perdite – è diventato da tempo una pesante palla al piede della quale deve cercare di sbarazzarsi. La web Cuartopoder parla di trattative in corso “con un fondo d’investimento con presenza spagnola”, che avrebbe chiesto, per poter chiudere l’operazione, un “giornale meno aggressivo”. Una strada praticabile, appunto, solo con l’uscita di scena di “Pedrojota”. Per Ramírez si parla di una liquidazione tra i 15 e i 20 milioni di euro, accompagnata dall’impegno a non creare un nuovo giornale alternativo a El Mundo almeno per i prossimi due o tre anni. Preoccupazione legittima, visto il passato del giornalista. Nel 1989, dopo otto anni di direzione, venne licenziato da Diario 16 su pressione del governo di Felipe González (aveva rivelato lo scandalo Gal, il terrorismo di Stato anti-Eta). Subito dopo fondò El Mundo, e il suo ex giornale fu costretto a chiudere.