
Elezioni a giugno, perché non si può....e Mattarella non vuole. nella foto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Ansa)

ROMA – Di Maio e Salvini alzano il tiro e chiedono a gran voce il ritorno alle urne a giugno. Le dichiarazioni sono state rilasciate in queste ore, a seguito dell’intervista da Fabio Fazio di Matteo Renzi che ha allontanato le possibilità di un’intesa tra Pd e M5s.
Mattarella non vuole però il ritorno alle urne a giugno, prendendo in considerazione questa ipotesi estrema che però non potrebbe avvenire non prima di ottobre.
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Il Messaggero, in un articolo dal titolo Voto a giugno, il no di Matterella, spiega quanto la situazione sia “complicatissima”:
“(…) mancano ancora diversi tasselli a un puzzle che di giorno in giorno sta svelando l’immagine delle urne. Sergio Mattarella è in attesa di ulteriori informazioni e di un supplemento di chiarezza da parte delle forze politiche. Ma ha registrato la richiesta del primo partito italiano, il Movimento Cinque stelle, di andare alle urne già a giugno. Ma ciò non basta. E le elezioni a giugno sono escluse per il Quirinale. Non quelle a ottobre, anche se considerate l’ultima spiaggia dal capo dello Stato. Dopo la netta chiusura di Matteo Renzi a un accordo con i Cinque stelle, l’appuntamento della direzione Pd del 3 maggio è quasi ininfluente per la formazione di un Governo. Il Colle ne ha preso atto derubricando dal taccuino anche questa strada. Restano in piedi quindi due sentieri che necessitano di una decisa spinta presidenziale: un ‘Governo di tregua’ – il preferito da Mattarella – per arrivare alla fine dell’anno e permettere l’approvazione della Finanziaria; un ‘Governo elettorale’ per riandare a elezioni tra fine settembre e gli inizi di ottobre”.
“Le nuove elezioni politiche a giugno diventerebbero una vera e propria corsa a ostacoli e contro il tempo. Per poter votare il giorno 24, insieme con i ballottaggi delle elezioni amministrative (convocate per l’11 dello stesso mese), il presidente Mattarella dovrebbe infatti sciogliere le Camere al massimo il 9 maggio: a soli due mesi e cinque giorni dalla loro elezione”.
“(…) L’ipotesi voto a giugno. Il Parlamento deve essere sciolto dal presidente della Repubblica tra i 45 e i 70 giorni prima della data fissata per le elezioni Politiche. Per avere il minimo di 45 giorni previsto, così da consentire il voto il 24 giugno, dunque, le Camere andrebbero sciolte al massimo il 9 maggio. Tuttavia, il ministero dell’Interno ha in più occasioni, pur se informalmente, fatto rilevare che perché la macchina elettorale proceda spedita e senza intoppi tra lo scioglimento e il voto ne servono in media almeno sessanta (…). Se le camere venissero sciolte entro la metà di settembre, la finestra per tornare al voto sarebbe tra la fine di ottobre e la fine di novembre: in questo lasso temporale dovrebbero tenersi elezioni regionali in Trentino ed in Basilicata. Ove ciò si verificasse, sarebbe la prima volta che il’Italia voterebbe per le Politiche in autunno: fino ad ora si sono sempre tenute tra marzo e giugno tranne che nel 2013, quando si votò il 24 e 25 febbraio”.
Anche Andrea Gagliardi del Sole 24 Ore scrive che
“La richiesta di elezioni anticipate rivolta dal leader M5s Luigi Di Maio a Matteo Salvini, con urne aperte addirittura a giugno, è una suggestione irrealizzabile nella pratica (…). Per avere il minimo di 45 giorni previsto, così da consentire il voto il 24 giugno (insieme con i ballottaggi delle elezioni amministrative convocate per l’11 dello stesso mese), dunque, le Camere andrebbero sciolte al massimo il 9 maggio. In realtà però il periodo minimo di 45 giorni è solo teorico. Il Viminale ha in più occasioni, pur se informalmente, fatto rilevare che perchè la macchina elettorale proceda spedita e senza intoppi tra lo scioglimento ed il voto ne servono in media almeno sessanta. A rallentare il complesso ingranaggio del procedimento elettorale sono soprattutto gli adempimenti relativi al voto degli italiani all’estero, che si esercita per corrispondenza”.