
ROMA – “È elusione fiscale corrispondere un compenso troppo alto all’amministratore unico”, non solo, l’azienda non potrebbe neanche aver “diritto alla detrazione di quanto corrisposto al manager che è paragonabile all’imprenditore”.
Scrive Debora Alberici per Italia Oggi:
Ribadendo che l’amministrazione finanziaria può sempre valutare la congruità dei costi esposti in bilancio, la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 25572 del 14 novembre 2013, ha respinto il ricorso di una srl. Legando sempre più le mani alle piccole e medie imprese, la sezione tributaria ha ribadito sul punto che «in tema di imposte sui redditi e con riferimento alla detrazione di quello d’impresa, l’art. 62 del dpr 22 dicembre 1986, n. 917, il quale esclude l’ammissibilità di deduzioni a titolo di compenso per il lavoro prestato o l’opera svolta dall’imprenditore, limitando la deducibilità delle spese per prestazioni di lavoro a quelle sostenute per quello dipendente e per compensi spettanti agli amministratori di società di persone, non consente di dedurre dall’imponibile il compenso per il lavoro prestato e l’opera svolta dall’amministratore unico di società di capitali». Infatti la posizione di quest’ultimo è equiparabile, sotto il profilo giuridico, a quella dell’imprenditore, non essendo individuabile, in relazione alla sua attività gestoria, la formazione di una volontà imprenditoriale distinta da quella della società, e non ricorrendo quindi l’assoggettamento all’altrui potere direttivo, di controllo e disciplinare, che costituisce il requisito tipico della subordinazione, come nella specie.
