ROMA – “L’unica cosa vera che ci hanno raccontato sulla nomina di Emma Marcegaglia alla presidenza dell’Eni è la sua appartenenza al genere femminile” sentenzia Giorgio Meletti sul Fatto in un articolo di pura dietrologia ma senza dubbio inquietante.
Dalla nomina di Emma Marcegaglia a presidente dell’Eni promanano, secondo Giorgio Meletti, “flash intriganti”:
“il primo è la gioia di Antonella Mansi, presidente della Fondazione Mps: “Sono felicissima. È stata la mia presidente in Confindustria ed è una persona con cui non ho mai perso i contatti”. Nel 2008 furono incoronate insieme, Antonella alla presidenza di Confindustria Toscana, Emma al vertice nazionale. Qualcuno è convinto che proprio la banchiera di Siena abbia aperto per l’amica di Mantova le porte del cerchio magico renziano, al quale è legata.
Il secondo flash è datato 9 ottobre 2010. Mansi dichiara “piena solidarietà e fiducia a Emma Marcegaglia”, che, sintetizzava Repubblica, “si sospetta fosse oggetto di ricatto da parte del Giornale di Vittorio Feltri per avere attaccato il governo”.
ERA USCITA la famigerata intercettazione tra il vicedirettore del quotidiano berlusconiano, Nicola Porro, e il portavoce di Marcegaglia, Rinaldo Arpisella. Il giornalista minacciava con tono paradossale una sorta di “trattamento Boffo” come ritorsione per un’intervista mancata. Arpisella reagiva con una lezione di vita: “Ti parlo da amico… Ci sono sovrastrutture che passano sopra la mia testa, la tua testa, (…) che ci pisciano in testa, non ci considerano neanche. Ma tu non sai che cazzo c’è altro in giro (…) il cerchio sovrastrutturale”.
Tenete a mente il “cerchio sovrastrutturale” e passiamo al terzo flash. Il giornalista e senatore Massimo Mucchetti dice sul Corriere della Sera a proposito dell’Eni: “Il rinnovamento è nelle mani del presidente Marcegaglia. Forza Emma, fatti dare il riporto dell’audit negato al tuo predecessore Giuseppe Recchi. La responsabilità sull’audit serve ad aprire i cassetti. Per esempio quelli della sede di Mosca”. Difficile dire se questa attesa di Emma giustiziera dei rapporti passati tra il silurato Paolo Scaroni e il regime di Vladimir Putin sia convinta o ironica. In ogni caso impone una ricognizione dei rapporti tra Marcegaglia e il mondo di Scaroni e del suo sodale Luigi Bisignani.
QUARTO FLASH. Il suddetto Arpisella, un mese prima della telefonata con Porro, chiama Bisignani che lo sgrida con autorevolezza – quasi fosse al centro del “cerchio sovrastrutturale” – per una lettera scritta malamente dalla presidente di Confindustria per raccomandare qualcuno presso un’istituzione di Londra. Bisignani sentenzia che la manager mantovana “assieme a
quello di Siena ha fatto una cacata pazzesca”.
Lo stesso Arpisella ha raccontato ai magistrati napoletani, che avevano arrestato Bisignani per l’inchiesta P4, di averlo incontrato “agli inizi del 2010 per risolvere una diatriba interna a Confindustria tra le grandi aziende pubbliche del settore energetico fornitrici (e quindi chiamate monopoliste come Eni ed Enel) e le altre aziende associate fruitrici. Ne parlai con Bisignani per favorire una ricomposizione delle tensioni in atto e lui si riservò di parlarne con Scaroni, cosa che avvenne in quanto la cosa rientrò”.
Se proviamo a unire i puntini viene fuori che l’unica cosa vera che ci hanno raccontato sulla nomina di Marcegaglia alla presidenza dell’Eni è la sua appartenenza al genere femminile.
PER IL RESTO il suo profilo appare come l’ideale punto di compromesso tra le tre esigenze forti in campo. La prima, una caratura renziana, di cui sono garanti Mansi e i suoi amici. La seconda, una sufficiente affidabilità per Scaroni ed eventuali cerchi sovrastrutturali al suo fianco: hanno già subito un defenestra-mento a cui non hanno creduto fino all’ultimo (e di cui bisognerà dare merito a Matteo Renzi), gli è stato risparmiato un presidente con la tentazione di aprire i cassetti. La terza, contenuta nella seconda, non tirare troppo la corda con Silvio Berlusconi affidando i rapporti energetici con l’amico Putin a un presidente troppo innovativo.
Che Marcegaglia sia un’imprenditrice innovativa non lo sospetta nessuno. La sua azienda è stata condannata nel 2008 per aver pagato tangenti a un dirigente Eni in cambio di commesse, e suo fratello Antonio Marcegaglia ha patteggiato undici mesi di reclusione con la condizionale per corruzione. E proprio ieri è scoppiata la protesta dei lavoratori della stabilimento Build Tech di Milano.
La FIOM è intanto partita all’attacco del gruppo Marcegaglia, dove, sostiene, si verifica una “incidenza degli infortuni quattro volte la media nazionale”.
L’ultima vittima è Lorenzo Petronici, facchino di 58 anni, morto l’8 aprile scorso nello stabilimento di Ravenna, forse con la soddisfazione di aver dato la vita per il successo di un’imprenditrice donna. E renziana.