
ROMA – Il settimanale l’Espresso pubblica una inchiesta di Gianluca Di Feo sulla corruzione in Europa e nella Unione Europea, nel Parlamento europeo, nei meandri della mastodontica burocrazia, sulla inerzia di Bruxelles. Se è vero che il pesce puzza dalla testa, i vertici europei forniscono la conferma più lampante. Il presidente della Commissione europea (il primo ministro della Europa), Jean-Claude Junker, è
“l’uomo che ha arricchito il Lussemburgo grazie alle tasse rubate agli altri, con guadagni che continuano a crescere”.
L’inchiesta di Di Feo , avverte la presentazione on line, è
“un tour tra gli edifici più importanti della città: dalla residenza reale al museo di belle arti, dagli uffici ministeriali alle carceri, dall’osservatorio astronomico al palazzo di giustizia. Per dieci anni a gestirli è stata una cricca: ogni appalto una mazzetta, altrimenti non si lavorava.
Tutti sapevano, nessuno ha mai denunciato la rete criminale che ha trasformato il cuore del paese in una vera tangentopoli. Non stiamo parlando delle gang romana di Mafia Capitale, questa è Bruxelles: due volte capitale, del Belgio e dell’Europa. E due volte corrotta, nell’intreccio d’affari tra poteri locali e autorità continentali. inchiesta che analizza la metamorfosi dalle vecchie bustarelle al sistema delle lobby, capace di condizionare in profondità la reputazione dell’Unione. Senza correre rischi: gli investigatori Ue hanno poteri minimi mentre la giustizia belga appare lenta e inefficace.Nei 28 stati, il 70 per cento dei cittadini ritiene che la corruzione sia entrata nelle istituzione europee. E un sondaggio Demopolis evidenzia il crollo della fiducia, che si è dimezzata in 15 anni: oggi solo il 28 per cento degli italiani crede nella Ue. Una reputazione minata dall’incapacità di rispondere alla recessione economica e all’emergenza profughi, ma anche dai tanti conflitti di interesse irrisolti.
Come quello del presidente Juncker sul sistema di tasse del suo Lussemburgo. «Finora la Commissione è stata passiva su questa materia», sottolinea Eva Joly, per anni il giudice istruttore più famoso di Francia ed ora eurodeputato verde: «La follia è che abbiamo al vertice dell’Europa l’uomo che ha arricchito il Lussemburgo grazie alle tasse rubate agli altri, con guadagni che continuano a crescere. Nel Parlamento i verdi hanno imposto la creazione di un comitato speciale: il primo rapporto sarà pronto tra un mese e sarà molto duro. Anche i conservatori ora hanno capito e c’è la volontà di piegare i paradisi fiscali: sono convinta che il Lussemburgo dovrà adeguarsi o uscire dall’Unione».
L’inchiesta di Gianluca Di Feo
“passa in rassegna gli scandali degli ultimi anni, tra parlamentari che vendono emendamenti e un commissario dimissionario per una storia di mazzette da 60 milioni, evidenziando come gli organismi di controllo oggi appaiano divisi e demotivati. E manca anche la volontà di introdurre regole più rigide sulle lobby : «Nel Parlamento non esiste una maggioranza disposta a farlo», ammette l’eurodeputato Bart Staes. Mancano anche sanzioni efficaci contro chi inganna la legge, come è accaduto con il caso Volkswagen.
