Evaso killer a Genova, Lampedusa, web tax: rassegna stampa 19 dicembre

La prima pagina de La Repubblica del 19 dicembre

ROMA – Un serial killer libero per le strade. È evaso da un permesso-premio. Il Corriere della Sera: «È molto pericoloso», così la polizia definisce Bartolomeo Gagliano, 55 anni, il pluriomicida evaso ieri dal carcere di Genova: era in permesso premio e adesso circola armato non si sa se a Genova o altrove. In tutta Italia è scattata la caccia all’uomo. Il carcere si giustifica: non sapevamo che avesse ucciso. «La terapia a cui Gagliano è stato sottoposto è finita e la madre stava male, per questo ho valutato potesse avere un permesso. Gli omicidi risalgono a trent’anni fa». Per il ministro Guardasigilli Cancellieri si tratta di «un fatto gravissimo». Caccia senza quartiere all’evaso. In tutta Italia e ai valichi di frontiera. Gagliano ha ucciso tre persone e ne ha ferita gravemente una quarta negli anni Ottanta.”

Arriva l’intesa nella Ue per i salvataggi bancari. L’articolo a pagina 2 del Corriere della Sera:

A cavallo della mezzanotte, dopo due giorni di serrate trattative, i ministri finanziari dell’Ecofin hanno annunciato un accordo di compromesso sul meccanismo comune di salvataggio e liquidazione ordinata delle banche, necessario per concludere il progetto di Unione bancaria. Lo scontro tra Italia e Germania, emerso nella riunione notturna dell’Eurogruppo di martedì, è apparso in gran parte superato. Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha parlato di risultato «storico paragonabile all’Unione monetaria», che ora impedisce il ripetersi di un tracollo «come quello della Lehman», anche se si tratta di un «approccio generale» da completare «nei prossimi mesi». Per il ministro delle Finanze francese Pierre Moscovici è un accordo «molto buono». Ma l’impianto base del complicato compromesso è rimasto quello voluto dal ministro delle Finanze tedesche Wolfgang Schäuble.

«Ci sono state delle importanti concessioni da parte della Germania — ha precisato Saccomanni —. Sono stati compiuti dei passi positivi verso la direzione da noi auspicata». Su alcuni punti la Germania ha accettato il principio, richiamato dall’Italia, che una Unione bancaria prevede assunzioni di rischi comuni, insieme ai vantaggi. Schäuble ha accettato il fondo comune per i salvataggi purché finanziato dalle banche stesse e completato progressivamente in dieci anni a partire dal 2015. Ha però ritirato l’indisponibilità assoluta a usare denaro pubblico comune nel periodo transitorio. È stato ipotizzato un temporaneo backstop o «salvagente» sempre a carico delle banche. «Il backstop opererà in parallelo all’European stability mechanism (il fondo salva Stati Esm, n.d.r.) — ha spiegato il ministro dell’Economia — e avrà la funzione di garantire la liquidità necessaria per liquidare una banca senza scatenare un effetto contagio su altre banche e in altri Paesi». In caso di risorse insufficienti verrebbero elargiti «prestiti ponte» anche dall’Esm, tramite i singoli governi. Saccomanni ha rivendicato di aver ottenuto valutazioni sul fallimento di un istituto di credito «entro 24 ore». La decisione spetterebbe a un organismo unico insieme ai rappresentanti dei governi. Il ministro dell’Economia ha escluso che il meccanismo comune per le liquidazioni ordinate possa al momento riguardare «banche italiane».

La web tax sarà più leggera Verso la fiducia sulla manovra. L’articolo a firma di Roberto Bagnoli:

Un fondo per tagliare il cuneo fiscale (ma con le risorse a rischio), una nuova web tax in versione leggera per andare incontro alle richieste di Matteo Renzi, nessuna modifica alla Tobin, sì al «contratto di ricollocazione» per superare il monopolio dei centri pubblici per l’impiego, mentre restano fuori le misure per agevolare il rientro dei capitali dall’estero. La maratona per chiudere alla Camera la legge di Stabilità, che assomiglia sempre più a una vecchia finanziaria, ha visto ieri queste importanti modifiche. Oggi il governo dovrebbe porre la fiducia, così il percorso della legge si concluderebbe domani.

Ieri è stata una giornata piena di tensione con Forza Italia all’attacco, Renato Brunetta in testa, per denunciare «tutte le clientele e tutte le marchette» della Stabilità, e il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che ha incontrato per 40 minuti il premier Enrico Letta. Un vertice a quattrocchi non necessariamente amichevole. Proprio ieri il Sole24Ore titolava un pepato editoriale del direttore Roberto Napoletano «L’impegno tradito di Letta» che arrivava dopo giorni di forti critiche all’impianto della manovra da parte di Squinzi (per le scarse risorse del cuneo fiscale, in primis ). Il conferimento delle risorse al fondo rischia infatti di essere assorbito dalle «clausole di salvaguardia»: se i conti pubblici sforano, il fondo può essere usato per farli quadrare, più che per tagliare le tasse. Inoltre, le risorse che resteranno andranno non solo a imprese e lavoratori dipendenti, ma anche a professionisti e pensionati.

Le critiche dal fronte degli industriali sono poi sfociate in una forte considerazione di malessere sociale per giustificare la protesta dei «forconi». E su questo passaggio Letta ha esternato tutto il suo malumore. «Squinzi ha esagerato», ha affermato il premier al TG3. «Il governo ha messo in campo iniziative, stiamo cercando di intervenire — ha precisato — ma un passo per volta: nessuno ha la bacchetta magica». E poi: «L’anno prossimo sulla casa ci sarà una diminuzione di costi per le famiglie, così come c’è stata quest’anno, e la riduzione delle tasse sul lavoro sarà più significativa. Tutte cose che vanno nella direzione giusta senza sfasciare i conti». In mattinata Letta aveva confermato «l’1% di crescita l’anno prossimo e un 2% nel 2015%» come «un obiettivo alla nostra portata se i tassi di interesse rimangono bassi, la fiducia nell’Italia resta forte e, ovviamente, i conti rimangono in ordine». Le delusioni degli imprenditori riguardano anche la mancanza di modifiche alla legge Fornero su previdenza e mercato del lavoro, oltre allo svuotamento del fondo taglia-cuneo perché si da appunto priorità — con le clausole di salvaguardia — agli impegni inderogabili e al rigore dei conti. Insomma prima che arrivi a lavoratori e imprese, campa cavallo .

Legge di stabilità, ecco quanto ci costa. L’articolo a firma di Lorenzo Salvia:

Ma alla fine qual è il succo di questa legge di Stabilità? E come è cambiata lungo il suo viaggio in Parlamento, che domani si dovrebbe chiudere alla Camera per poi tornare con un passaggio lampo al Senato? Il taglio del cuneo fiscale, il peso delle tasse sul lavoro, si è concentrato sui redditi più bassi, quelli fino a 28 mila euro lordi l’anno. Ma il famoso intervento aggiuntivo, richiesto da più parti, si limita a un fondo nel quale dovrebbero arrivare i frutti della spending review e della lotta all’evasione fiscale, sempre che non ci siano altre «priorità di equità sociale o impegni inderogabili». Una promessa non facile da mantenere visti i tempi.

Per l’imposta sulla casa principale il tetto massimo alla tassa sui servizi indivisibili (Tasi) non è sceso dal 2,5 per mille all’1 per mille, come pure si è provato a fare. Il risultato è che l’anno prossimo la nuova Iuc dovrebbe essere in media meno cara dell’Imu pagata nel 2012, grazie alla detrazioni al momento finanziate per un solo anno. Ma nel 2015, quando le detrazioni verranno meno, si tornerà sugli stessi livelli. I sindaci protestano ma per il ministero dell’Economia non ci sarà alcun aggravio. Almeno in media perché, come ricorda lo stesso ministero, «l’effetto sui singoli contribuenti dipende dalle modalità specifiche di applicazione delle aliquote e delle detrazioni, che sono lasciate all’autonoma determinazione dei Comuni». Su cuneo e casa di più non è stato fatto anche perché una parte delle risorse aggiuntive sarebbe dovuta arrivare dalla web tax che, dopo lungo tira e molla, alla fine è stata smontata quasi del tutto. Restano, invece, una cinquantina di contributi a pioggia, dai mondiali di pallavolo femminile ai virtuosi di Verona, fino all’Orchestra del Mediterraneo.

Lampedusa, Ue contro l’Italia “Pronti a bloccare gli aiuti” Il Pd: la Bossi-Fini va cancellata. L’articolo a firma di Vladimiro Polchi su Repubblica:

Congelamento dei fondi europei destinati all’Italia. Revisione della Bossi-Fini. Rimozione dei dirigenti del centro d’accoglienza. Le immagini shock della “disinfestazione” dei migranti rimbalzano da Lampedusa a Bruxelles, rimettono l’Italia sul banco degli imputati e rischiano di terremotare il pianeta immigrazione.

La reazione più forte al filmato del Tg2, che ritrae alcuni profughi nudi lavati con un compressore per un trattamento antiscabbia nel centro d’accoglienza di Lampedusa, arriva proprio dall’Europa. Il commissario agli Affari interni, Cecilia Malmstrom, bolla le immagini come «spaventose e inaccettabili», annuncia che la Ue «ha già cominciato un’indagine» e avverte che «non esiteremo ad aprire una procedura di infrazione ». Poi il colpo più duro, quello ai finanziamenti (l’Italia riceve dalla Ue 30 milioni di euro per l’emergenza migranti): «La nostra assistenza alle autorità italiane nella gestione dei flussi migratori — fa sapere la Malmstrom — può continuare solo se il Paese garantisce condizioni umane e dignitose nel ricevimento dei migranti».

Sul fronte interno si registra l’iniziativa della procura di Agrigento che apre un’inchiesta, ipotizzando a carico di ignoti i reati di violenza privata e maltrattamenti e la decisione della Legacoop Sicilia che chiede ai soci di “Lampedusa Accoglienza” (la coop che gestisce il centro) «di rimuovere e rinnovare il management attuale e di avviare immediatamente una migliore organizzazione con altre professionalità». Mentre il direttore generale dell’ospedale San Camillo-Forlanini di Roma, Aldo Morrone precisa che le docce antiscabbia sono «un metodo assolutamente inutile, dannoso e senza valenza terapeutica».

Le immagini di Lampedusa fanno breccia anche nei palazzi della politica italiana. Immagini «orripilanti» per il ministro degli Esteri, Emma Bonino, che chiede di «non colpevolizzare un’intera categoria ma punire individualmente, con severità, chi è responsabile di non rispettare i valori del nostro Paese». Più cauto il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, secondo cui «prima di giudicare va fatta un’inchiesta, però le immagini fanno impressione ». Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, sottolinea che «le procedure non prevedono persone nude in un capannone eirrorate con un disinfettante». Non manca poi una polemica interna alla maggioranza: per il deputato Pd, Khalid Chaouki, «le responsabilità politiche per quello che è successo sono del governo: è responsabile il ministro dell’Interno, ma è responsabile anche il ministro dell’Integrazione che deve passare dalle parole ai fatti». Sul fronte opposto, il segretario della Lega, Matteo Salvini, fa la voce grossa: «Basta coi poveri migranti. Nessuno li ha invitati, se si trovano male tornino a casa».

Forconi, la marcia su Roma è un flop. L’articolo di Corrado Zunnino su Repubblica:

Piazza del Popolo certifica che il popolo è rimasto a casa. Il mercoledì dei Forconi è un fiasco, oltre ogni previsione. Tremila persone sotto il palchetto dove si alternano cinquanta, sessanta, settanta coordinatori del movimento “9 dicembre” (giorno della lotta alla corruzione, inizio di dieci giorni di blocchi in Italia). Sono imprenditori dentro a un fallimento, commercianti iscritti a Forza Nuova, ragazzi con le tempie rasate larghi come armadi e le giacche con la scritta Memento audere semper (Ricorda di osare, D’Annunzio). Baschi della Folgore di traverso, pezzi d’antiquariato fascista come Adriano Tilgher e signori catanesi «che a 63 anni lo Stato ci fa sentire che non contiamo più nulla». Papà separati che pranzano alla Caritas e papà con la figlia laureata con 110 e lode che parla tre lingue e pure senza lavoro. Un laureato alla fine dice: «Ho studiato e pretendo un lavoro». Il problema è che «siamo schiavi in casa nostra », soprattutto: «Siamo alla fame e ci dobbiamo riprendere l’Italia con le buone o con le cattive ».

Tante voci, rancorose. Disperate. Facce della miseria contemporanea. Avresti detto sottoproletari, una volta. Ma in Piazza del Popolo a Roma ci sono solo tremila teste, e con questi numeri è difficile esercitare il “tutti a casa” d’ispirazione grillina (a casa Napolitano, il governo illegittimo, il Parlamento di nominati, i sindacalisti con il panino pagato alle manifestazioni e i giornalisti terroristi). Alle sette di sera a casa ci tornano loro, precari sardi che si erano alzati all’alba, «il mitico presidio di Sezze», i siciliani che non hanno ascoltato il traditore Mariano Ferro e sono venuti a Roma, quelli di Sondrio, i quattrocento di CasaPound che hanno stilizzato l’ultima impresa del loro “vice”: Simone Di Stefano mascherato che strappa la bandiera dal balcone Ue — è accaduto quattro giorni fa — ormai è un disegno su uno stendardo, un pezzo d’arte della destra di piazza.

«Siamo tantissimi, abbiamo duemila presidi nelle strade», aveva detto il primo giorno il Danilo Calvani di Pontinia, ormai unica guida. Al terzo giorno di protesta il contadino new age Andrea Zunino, poi azzoppato dall’intervista sui banchieri ebrei, diceva invece che le questure avevano registrato «sette milioni di italiani in piazza». Il giorno primadell’evento il presidio della capitale, in Piazzale dei Partigiani, tifava per trecentomila almeno in marcia su Roma. La questura, preoccupata in verità, ne attendeva quindicimila. Da sette milioni a tremila, alle tre e mezza di ieri pomeriggio: il mercoledì dei Forconi ridimensionava l’intera protesta dei dieci giorni. Centinaia di blocchi in Italia, sì, spesso organizzati da quindici persone.

Genova, evade serial killer in permesso Il carcere: “Per noi era un rapinatore”. L’articolo di Giuseppe Filetto su Repubblica:

In carcere aveva chiesto di seguire i corsi da panettiere, e martedì mattina il destino ha voluto che Bartolomeo Gagliano, in permesso premio, chissà per quale coincidenza incrociasse proprio un commesso di panetteria, impegnato a fare le consegne con la sua auto: alle sei e un quarto, gli ha puntato la pistola in mezzo agli occhi. «Accompagnami a Genova», ha minacciato il serial killer di 55 anni, condannato per tre omicidi e per una sfilza di altri reati. Giudicato seminfermo di mente, anni diospedale psichiatrico criminale a Reggio Emilia, poi l’ultimo reato: una rapina, per la quale era entrato nel carcere di Genova sette anni fa.

Per il Tribunale di Sorveglianza e per Salvatore Mazzeo, il direttore del carcere di Marassi, Gagliano, però, è un detenuto come tutti gli altri e avrebbe dovuto scontare ancora un residuo di pena di 12 mesi per una tentata estorsione. Persino modello, tanto da meritare di lasciare la cella e andare dalla mamma a Savona. Tant’è che gli inquirenti sono certi che si sia deciso a fuggire all’ultimo momento e il direttore è convinto che si costituirà.

Per il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, però, “si tratta di un episodio gravissimo che richiede un accertamento molto rigoroso”. «Individueremo eventuali responsabilità — ripete il Guardasigilli all’indomani del via libera al decreto “Svuota carceri” — . È inutile negare che questo rischia di essere un duro colpo a quanto stiamo facendo per rendere il carcere un luogo più civile e in grado di assolvere alla propria funzione rieducativa». Così non è. Almeno in questo caso. L’altro ieri, poco prima dell’alba, il killer ha incrociato il panettiere in via Gioberti, nella zona della stazione ferroviaria di Savona. Arma in pugno, lo ha costretto a salire sulla macchina, una Panda Van di colore verde. Ha caricato pure tre borse sulla vettura. Gli ha ordinato di imboccare l’autostrada in direzione Genova: hanno viaggiato fin sotto la Lanterna, in via De Marini, nella zona dell’angiporto genovese. Qui il serial killer lo ha fatto scendere, gli ha rubato l’auto, ha imboccato via di Francia, la strada che porta in direzione del centro città o dell’entroterra, anche all’autostrada. Ha fatto perdere le tracce, seppure la zona sia piena di telecamere fisse.

Published by
FIlippo Limoncelli