Fiat contro Monti? Crolla il mercato dell’auto, dubbi della Stampa

La Stampa contro Monti: “Non basta salvare il Paese”, la beffa del taglio alle troppe tasse, il mercato dell’auto crolla, i partiti ci sfidano, caccia al tesoro della Lega, Formigoni sotto attacco per i viaggi a scrocco ma di gruppo, Berlusconi davanti al tribunale con le sue girls fa quasi tenerezza a fronte dei lingotti d’oro e dei diamanti beni rifugio, secondo i pm, dei capi leghisti Rosi Mauro, Piergiorgio Stiffoni e Francesco Belsito.

Oggi è martedì 17 e se volevate delle motivazioni per giustificare quelli che non pagano le tasse guardatevi i giornali e se volevate ragioni per votare la demagogia cupa disperata e senza sbocco di Beppe Grillo non dovete andare oltre la prima pagina.

Ma prima di addentrarci nella visura di quello che sembra un copione di Totò, registriamo uno spiraglio sulla vicenda dell’articolo 18, dopo le tensioni dei giorni scorsi. Sembra vada verso il sereno, dopo i messaggi inquietanti che venivano mandati ai mercati finanziari: Pdl e Pd si sono messi d’accordo e “il Senato eliminerà il riferimento che amplia la discrezionalità del giudice”, che il Sole 24 Ore sintetizza così: “Dietrofront sui disciplinari”.

E prendiamo nota di quel che scrive Luca Ricolfi sulla Stampa, quotidiano della Fiat: “Salvare il Paese non basta” è il titolo e quel che segue è una dura critica a tutto quello che ha fatto il Governo di Mario Monti. Ricolfi parla di “piccolo cabotaggio”, il cui risultato non sarà, teme lui e temiamo anche noi, quello di salvare davvero l’Italia, ma “semplicemente ritardare il momento del disastro”. Ancora: questo Governo si sente “cos’ necessario, così migliore dei Governi che l’hanno preceduto, così privo di alternative da non capire che il fatto di non avere alternative non rende per ciò stesso buone le sue politiche”. Sono cose che si leggono sui siti per addetti ai lavori e in lingua inglese, mai una critica così precisa e acuta si era letta su un giornale italiano.

E ora procediamo.  Corriere della Sera: “Formigoni sui viaggi: mai preso un euro. Il caso Lombardia, dimissioni e inchieste. Lasciano altri due assessori regionali” [si segnala un eccellente “Le nuove partecipazioni statali” dove Antonio Polito accomuna nella condanna Roberto Formigoni e Nichi Vendola]; “I leader di Pdl, Pd e Udc uniti nella difesa dei contributi pubblici: Abolire i finanziamenti sarebbe drammatico” (idem Messaggero); Repubblica: “Fini: partiti a rischio se non dimezzano il finanziamento”, ma lui parla ex cathedra, non dice  di rinunciare ai suoi; “Lega, Rosy Mauro comprò 100 mila euro di diamanti”. A fronte di tutto questo “salta il fondo taglia-tasse” (Repubblica, Stampa, Messaggero), “Imu e catasto, stretta sulla casa” (Corriere della Sera), “a giugno la prima rata dell’Imu” (Sole 24 Ore). A fronte di tutto questo, mentre con i soldi nostri si comprano gioielli e ci fanno pranzi e cene  (2 milioni l’anno tra alberghi e ristoranti nel solo Pd, secondo il Fatto), il Sole 24 Ore annuncia: “Da luglio stop alle pensioni cash”, un tormento per quelli che già di code ne fanno tante e ora dovranno sottostare alla confusione delle filiali delle banche, una bonanza, certo a insaputa di chi ha sostenuto queste restrizioni, per banche e carte di credito.

Per le imprese il quadro è questo: “Dalla lotta all’evasione all’Iri sull’imprenditore, così cambia il Fisco”; “Riviste le accise sull’elettricità. La protesta delle aziende” (Sole 24 Ore).

Se non usano i soldi pubblici, i viaggi se li fanno pagare in cambio non si sa di che . Il Fatto: “Formigoni perde i pezzi e viaggia a sbafo. La carta di credito del faccendiere Daccò lo inchioda: 8 mila euro per una vacanza sotto Capodanno, Come può la Regione più ricca d’Italia tollerare un presidente simile?”.

Tutta questa gente qua, un po’ ci marcia, un po’ è in buona fede quando dice: non ho fatto nulla di penalmente rilevante (tesi ad esempio di Rosi Mauro, così come a suo tempo Gianfranco Fini giustificò Montecarlo). Quel che emerge è che in Italia ormai siamo anestetizzati dalla prevalenza, purtroppo a posteriori, delle Procure nella vita pubblica, e così abbiamo abdicato al giudizio morale, che non è quello dei tribunali e ne prescinde: uno può essere incensurato ma da mettere all’indice, perché i suoi comportamenti violano quella roba che nel resto del mondo si chiama etica: il Parlamento degli Stati Uniti si autocontrolla con un “ethic committee”, quello italiano con la giunta delle autorizzazioni, quasi sempre negate. In galera c’è andato Walter Lavitola, con mazzette e segreti (su tutti i giornali), anche se nessuno si chiede perché sia tornato proprio ora e in cambio di che cosa abbia scelto di infilarsi a Poggioreale.

Restano i temi di fondo, che vanno ben oltre l’emotività di un mattino. La saga FonSai-Unipol sembra a una svolta, ma sono mesi che va avanti e anche lì alla fine pagheremo noi, anche i conti della famiglia Ligresti, attraverso gli aiuti alle Cooperative o le polizze o qualche altra strada.

Sara Bennewitz, sul supplemento di Repubblica Affari & Finanza ci informa che “Mediobanca è in Borsa a prezzi di saldo” e vale meno “della somma delle sue partecipazioni, come a dire che per gli investitori l’attività bancaria di Mediobanca è inesistente e il mercato sta mandando un segnale perché […] forse varrebbe la pena di provare a cambiare qualcosa anche all’interno della maggiore banca d’affari italiana”.

La tragedia di Piermario Morosini è in ormai in dissolvenza. Il Messaggero ci informa che “non è stato infarto, forse un difetto genetico del cuore”. La Gazzetta dello Sport ne parla come di ipotesi, ma punta la prima pagina su una intervista a Mario Balotelli: “Italia, amore mio”.

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Marco Benedetto