Franco Dragone: “Lo stile Cirque du Soleil per un’Aida futuristica”

Franco Dragone: “Lo stile Cirque du Soleil per un’Aida futuristica”

ROMA – “È un’Aida per chi non va all’opera” promette il regista Franco Dragone, il regista che ha firmato gli spettacoli più famosi e popolari del Cirque du Soleil e che si prepara alla prima al Teatro San Carlo con la sua Aida, versione futuristica. Dragone è un regista impresario che ha sempre sfidato la fantasia, le leggi di gravità, la visionarietà: “Nel mio primo spettacolo come regista, ho pensato alla nebbia che d’inverno cinge la valle sottostante la mia città natale, costruita su un promontorio. Secondo una leggenda, la nebbia era il mare su cui viaggiavano i sogni di chi si imbarcava come emigrante verso l’America, vagheggiando una vita migliore”.

Ecco l’intervista di Valerio Cappelli per il Corriere:

Che Aida sarà? «Spettacolare e intimista, atemporale. Vengo dalla scuola di Peter Brook e Bob Wilson: fanno parlare il palco, che è il vero narratore. Il mio lavoro ricorda i quadri di Francis Bacon. Compongo delle immagini che pensano e che parlano. Ho preso delle corde che mi servono per creare delle colonne. È come quando da piccoli si plasmano le forme con la creta, la costruzione nasce dal gioco. Shakespeare diceva che nella macchina teatrale si specchia il mondo e l’uomo cerca di capire la propria condizione».
L’aspetteranno al varco per la marcia trionfale… «Ci saranno proiezioni col cielo d’oro. Evoco gli archetipi emozionali, gli istinti primari. Ho chiesto una recitazione epica, non realistica. Ad Aida, nell’aria in cui svela il suo amore per Radames, ho detto di non cantare come aveva sempre fatto, piangendo: il pubblico deve piangere, non te». I richiami egizi sono leggeri, ci sono statue capovolte. Poi usa i sovratitoli in cui si leggeranno, mescolate, le arie ai suoi appunti: «Ho sempre lavorato contaminando».
Ha creato un mondo alla fine di una guerra, un’umanità in disfacimento, «a un certo momento sembra di rivedere Blade Runner . Ma non è un’Aida cupa. La morte di Aida e Radames sarà una sorpresa, lì le corde quando toccano il suolo diventano serpenti, si vede una coppia pietrificata che viene da Pompei. Come Romeo e Giulietta, abbracciati per l’eternità». Ma la mano del Cirque du Soleil dove si vede? «Nell’abilità fisica dei ginnasti, che chiamo la mia task force: sono loro che animano le corde, che creano il vento, gli elementi della natura; nei personaggi invisibili di cui parlavamo prima, perché il Cirque ha sempre fatto lavorare chi guarda, lo spettatore».
Questo costruttore di sogni non nasconde di avere «una paura terribile dei fischi. Il San Carlo nasce nel 1737, è il teatro più antico del mondo, spero di non venire schiacciato dalla storia, o dalla sindrome di Stendhal. Ma in fondo mi hanno sempre detto che i miei spettacoli sono illusioni, melodrammi. Ho visto in dvd tutte le Aide possibili. Me ne hanno offerta una in Australia con gli elefanti». Ma se lei non ha lavorato al Cirque du Soleil con gli animali, comincia ora? «È quello che ho risposto. Ho fatto una scommessa con un mio amico napoletano che non è mai andato all’opera e non la ama. Gli ho detto, se non ti addormenterai, avrò vinto io» .

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Gianluca Pace