
GENOVA – Lo sciopero di 5 giorni dei tramvieri Amt di Genova e quel che è accaduto dopo dimostrano che l’Italia, la sua politica e la sua pubblica amministrazione,
“è in grado di assumere esclusivamente decisioni sbagliate, destinate a perpetuare una situazione di dissesto finanziario e di inefficienza”.
La vicenda di Genova, Vittorio Feltri argomenta sul Giornale, è paradigmatica del disastro italiano, frutto di una costante irresponsabilità degli amministratori pubblici, periferici e centrali. I problemi non si risolvono, ma si scaricano su un ente o su un altro nella speranza che qualche santo provveda al miracolo. Intanto si sente nell’aria un gran puzzo di Grecia”.
Spiega Vittorio Feltri:
“L’azienda di trasporti comunale da anni versa in condizioni di bilancio pietose: perdite, sempre perdite. […] È un fatto che un’impresa, pubblica o privata che sia, se sborsa più di quanto incassa va in malora. L’unico rimedio è affidarne il comando a una persona con la testa sulle spalle capace di raddrizzare i conti, anche a costo di ridurre il personale (di solito sproporzionato per eccesso rispetto alle effettive necessità) e, magari, abbassare la qualità del servizio. A scapito dei cittadini? Sissignori. […]. Se non si adotta simile criterio, si corre verso il fallimento.
Quello che è accaduto a Genova, sostiene Vittorio Feltri, è “esattamente” questo:
“I ricavi dell’azienda municipale non coprono le spese. Cosicché il sindaco e la giunta avevano pensato di vendere la baracca, tutta o in parte, ai privati, notoriamente attenti alle ragioni della cassa. Niente da fare. Lavoratori e sindacati si sono opposti, desiderosi di rimanere alle dipendenze dell’ente pubblico, ben consapevoli che esso è di manica più larga. […]
Le maestranze, tanto per non smentirsi, hanno organizzato proteste di piazza e addirittura una serie di scioperi, provocando una paralisi totale dei trasporti che ha mandato in bestia i cittadini. Come spesso accade in circostanze del genere, hanno vinto i lavoratori. Nel senso che il Comune ha ceduto l’impresa non ai privati, bensì alla Regione, scaricando sulle spalle di questa ogni debito e ogni onere. Assurdo. Poiché entrambi gli enti in questione sono alimentati dal denaro dei cittadini, va da sé che ai fini pratici non cambia nulla. Anziché colmare i passivi dell’azienda tranviaria attingendo alla tasca destra dei genovesi, i signori politici attingeranno a quella sinistra. Muta cioè il nome dell’ente pagatore, ma a sganciare continuerà a essere il popolo. […]
Lo stesso avviene a Roma: il governo (di qualsiasi colore) non si preoccupa mai di tenere i conti in ordine, controllando che le uscite non superino le entrate, ma si affretta ad aumentare le tasse per fronteggiare la crescita inarrestabile della spesa”.