
ROMA – “Cercare di fermare l’acqua in questo Paese dissestato è certamente impresa ardua – scrive Giacomo Amadori di Libero – E può anche causare grattacapi giudiziari ai mariuoli, ma non solo a loro. Negli ultimi mesi i giornali hanno dedicato paginate alla vicenda processuale nata intorno al Mose, il sistema di dighe ideato per proteggere Venezia dall’acqua alta”.
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Le cronache si sono pure occupate dei lavori di adeguamento del torrente Bisagno, la bomba d’acqua che ha af- fondato Genova il 9 ottobre scorso. In questo caso il go- vernatore della Liguria Claudio Burlando ha chiamato in causa i tribunali amministrativi, colpevoli di accogliere ricor si e interrompere lavori. Sebbene, a onor del vero, il Tar ligure non avesse concesso alcuna “ sospensiva ” dell’opera. A collegare le due vicende giudiziarie è un ingegnere, Alessandro Mazzi da Verona, classe 1966: proprio giovedì, davanti a un giudice veneziano, ha patteggiato una pena di 2 anni di reclusione e ha concordato una confisca di beni per 4 milioni di euro.
Nell’agosto del 2012 il tribunale ha dato ragione sia a Fincosit che al consorzio Pa.mo. ter. A gennaio di quest’anno il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione, spiegando ai ricorrenti che si erano rivolti al Tar sbagliato (competente era quello del Lazio). A questo punto l’azienda di Mazzi ha preferito ritirarsi, lascian- do ad altri la battaglia legale. Meno di cinque mesi dopo, il 4 giugno 2014, l’ingegnere è stato arrestato per corruzione nella vicenda del Mose. Di lui si parlò soprattutto per i quadri che i finanzieri gli trovarono in casa, inizialmente attribuiti al Canaletto e stimati milioni di euro. L’accusa era di aver permesso con le sue società di costituire circa 6 milioni di fondi neri per il Consorzio Venezia Nuova (concessionario per i lavori del Mose) di cui era vice presidente e grande azionista gra- zie a Fincosit (proprietaria del 30,31% di Cvn). Dopo le manette ha mollato la carica in azienda, ma continua a essere il socio di maggioranza relativa: infatti possiede il 37,5% delle quote – da agosto la nuda proprietà – di Italhol- ding, che a sua volta controlla il 99,3% di Fincosit. Il resto del pacchetto è spezzettato dentro a diverse società fidu- ciarie.
COPPIA DI FATTO
La Fincosit in Liguria sta costruendo diverse importanti opere, tra cui la piattaforma Maersk del porto di Vado Ligure e le avveniristiche torri della nuova sede italiana di Msc sotto la Lanterna. Nei giorni dell’arresto i giornali genovesi sottolinearono gli stretti rapporti tra lo stesso Mazzi e il governatore Bur- lando, per sei anni commissario delegato del governo per il Bisagno e da qualche mese di nuovo in sella per decisione del governo di Matteo Renzi. Il 24 marzo 2013 Mazzi è stato uno dei relatori del convegno dedicato alle imprese e organizzato dalla Regione intitolato “Felici di crescere”, ma Mazzi figurava anche tra i “promotori” del pensatoio che ha accompagnato la carriera politica di Burlando, il “Maestrale”. I due si sono trovati spesso dalla stessa parte. Come quando la Regione ha consentito i dragaggi per la costruzione della piattaforma di Vado, opera a cui il Comune savonese ha provato a opporsi ricorrendo al solito Tar e trovando il muro della Regione. Il Secolo XIX ricorda anche un’altra vicenda: una fedelissima di Burlando, l’assessore regionale al- l’Infrastrutture Raffaella Paita (con delega alla Protezione civile e candidata in pectore alla carica di governatore), avrebbe perorato, tra le polemiche, la causa di Fincosit, per spostarne la sede in una zona più ambita. La richiesta dell’azienda di Mazzi era stata presentata all’Autorità portuale, il cui presidente, Luigi Merlo, è marito di Paita nonché ex assessore ai Trasporti al fianco di Burlando. Un piccolo mondo, quello del potere ligure. Di fronte a tutti questi intrecci e legami, al lettore sembrerà singolare che l’azienda di Mazzi abbia presentato ricorso per i lavori di copertura del Bisagno, dando un dispiacere al caro Claudio. Tranquilli: la Fincosit si è battuta sì contro la gara per il rifacimento della copertura del Bisagno, ma quando il commissario governativo non era più Burlando, bensì il prefetto Giuseppe Romano. Il quale si è dimesso nel maggio del 2013. Successiva- mente, alla Fincosit è passata la voglia di battagliare.
