Gianluigi Paragone su Libero: “Ci hanno truffato: le tasse crescono e pure la rabbia”

Gianluigi Paragone

ROMA – “Ci hanno truffato: le tasse crescono, e pure la rabbia”. Gianluigi Paragone, dalle pagine di Libero attacca: “Potremmo cominciare col dire che il premier Enrico Letta o è un bugiardo oppure non sa quello che dice…”

Ecco l’editoriale di Paragone:

Di esempi ne potremmo citare a decine. Sui 14 euro del cuneo fiscale (aveva detto che si trattava di una cifra frutto della fantasia di chi vuole male al governo) è stato sbugiardato persino dal suo ministro Saccomanni che ha spiegato come facilmente si arriva a calcolare quel gruzzoletto. Oppure potremmo ricordare al premier le sue parole su una manovra che è «la prima che non aumenta le tasse»: non lo facciamo perché la verità è venuta a galla quasi subito alla faccia di tutti questi fanatici del vangelo Napolitano-Letta. Il punto che, invece, mi sembra in assoluto prioritario è un altro. E cioè: accertato che le tasse sono aumentate, con quali soldi le paghiamo? Di questo nessuno discute più. Eppure è questo il veleno che si sta spargendo nel Paese. Non ci sono abbastanza soldi per fare fronte agli errori economici dei politici. Vorrei che fosse chiara la parola: ho detto veleno non a caso. Il veleno intossica, il veleno aggredisce, il veleno può portare alla morte. La mancanza progressiva di liquidità costringerà gente comune a scendere in piazza e unirsi alla rabbia di chi è da tempo senza casa, senza lavoro, senza stipendio. Senza dignità.

Le divisioni tra lavoratori e imprenditori, tra pubblico impiego e lavoro privato, tra operai del nord e quelli del sud, tra ceto medio e ceto basso, non esistono più. Si stanno assottigliando in quello spazio di smarrimento che alla lunga porterà alla disperazione. Ecco perché le diverse arroganze nel Palazzo saranno il detonatore della ribellione. I centri istituzionali sono un bubbone di arroganza, di privilegio, di saccenteria. Finanche il Colle non è immune da un tale sospetto: nella libertà dell’ironia, venerdì sera, Crozza ha raffigurato Napolitano nei panni di un re assoluto. Tolto il costume della satira restano i fatti di un potere supplente e abusivo al contempo. Gli errori che i governi Napolitano stanno compiendo in nome degli impegni europeisti sono tutti sul conto degli italiani. Ai quali ancora una volta si chiede di pagare più di tutti. Ripeto: con quali soldi? Mentre abbiamo speso vent’anni a guardare la spesa pubblica, le banche d’affari si sono impossessate delle vite dei cittadini spingendoli a un progressivo indebitamento privato che ora non sappiamo più gestire. Guardiamo le cifre. Un miliardo e passa in più di tasse.

Il commercio è strozzato tra l’incudine delle bastonate fiscali (aumenti fino al 600% sui rifiuti) e il martello di una clientela che si limita a guardare le vetrine. Abbiamo tre milioni e 200 mila disoccupati. Vi sono ragazzi che non cercano nemmeno più lavoro, disillusi da un contesto negativo e forse da un ambiente famigliare dove magari il genitore è stato licenziato e a cinquant’anni non viene riassunto da nessuno. Le mense dei poveri e i dormitori sono l’ul – tima frontiera persino per il fu ceto medio appesantito da divorzi e da crisi aziendali. Certo, ci sono anche cittadini che stanno bene ma il loro guadagno potrebbe essere decisamente superiore se non ci fosse una dispersione di soldi in un pozzo di San Patrizio chiamato Italia. Questi sono numeri di un Paese sull’orlo di una crisi di nervi. I politici dovrebbero ringraziare il Padreterno che i fronti di ribellione aperti si contano sulle dita di una mano. Per fortuna gli italiani esauriscono la propria delusione nelle invettive anticasta o nel voto di protesta.

Napolitano e Letta dovrebbero ringraziare Iddio, altro che puntare l’indice sul populismo; meno male che ci sono ancora contenitori della protesta alternativi alla violenza. Guai però ad abusare di questo atteggiamento: i cittadini non possono continuare a subire ingiustizie macroscopiche. Non possono continuare ad assistere allo squilibrio tra finanza e realtà. Sto leggendo un libro interessantissimo di Luca Ciarrocca, I padroni del mondo (edizione Chiarelettere) sulle responsabilità dei banchieri gangster (bankster) rispetto alla crisi e alle sue ricadute. Cito due passaggi chiave che condivido: «I capitali in circolazione – è scritto – derivano dai profitti prelevati alla classe media; sono veramente i soldi della gente comune a generare il cash che poi arricchisce le caste» (dove per caste si intendono le élite finanziarie). «Bisogna togliere alle grandi banche commerciali, azioniste della Fed e della Bce, il privilegio medievale, non più tollerabile, di gestire l’offerta di moneta. La sovranità va ridata agli Stati». È esattamente così. I governi e le istituzioni sono al guinzaglio di logiche ademocratiche: al popolo resta dunque il pagamento-estorsione dei tributi e la minaccia della ribellione. Quello del voto, com’è ben dimostrato dai due recenti governi, rischia di diventare non più un diritto ma un mero parere non vincolante.

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Gianluca Pace