Il Giornale: “Quei finanzieri rampanti che cavalcano la svolta Pd”

Il Giornale: “Quei finanzieri rampanti che cavalcano la svolta Pd”

ROMA – Mario Greco, Andrea Guerra, Diego Della Valle, il Giornale attacca: “Quei finanzieri rampanti che cavalcano la svolta Pd”. “Il neo segretario democratico Renzi non èsostenuto dai tradizionali poteri forti: ormai Fiat e Mediobanca sono fuori dai giochi. Tocca ai nuovi capitalisti di mercato come Della Valle” scrive Marcello Zacchè:

Non è un caso che proprio D’Alema abbia evocato l’ esta­blishment finanziario come uno dei sostegni di Renzi. Sce­gliendo una sintesi che però, come tale, è inesatta. Perché il sindaco di Firenze non è soste­nuto dai tradizionali «poteri forti» quali Fiat, l’Eni o Banca Intesa. O Mediobanca, che pu­re ieri (per mano della control­lata Securities) ha scritto in un report che «la larga maggioran­za che Renzi ha ottenuto debba essere vista positivamente». Non è questo il punto, perché tali poteri non sono più tali e tantomeno posso essere forti. Il sistema di relazione dei patti di sindacato di Mediobanca è fi­nito; la Fiat di Marchionne è or­mai concentrata su Usa e Brasi­le; la Banca Intesa di Bazoli non ha più né la forza né il ruo­lo per proporre operazioni di si­stema.
Il contesto finanziario di Ren­zi è un altro: è quello del grande capitale internazionale, dei fondi d’investimento e dei ma­nager multinazionali. Un mon­do del quale il gestore di Alge­bris Davide Serra, uno dei con­siglieri finanziari di Renzi, non è che una spia illuminata per in­dicare ben altri capitali. Men­tre manager come l’ad delle Ge­nerali Mario Greco (pubblica­mente lodato per il lavoro che sta facendo a Trieste), o come il capo di Luxottica Andrea Guer­ra ( new entry 2013 alla Leopol­da) rappresentano l’essenza del passaggio dal capitalismo familiare o di relazione a quel­lo di mercato. In linea con quanto sostiene Diego Della Valle, rottamatore dei salotti buoni del Corriere e di Piazzet­ta Cuccia che, anche da presi­dente della Fiorentina, sta tut­to dalla parte di Renzi. Il rappor­to con questi signori apre le strade verso la grande finanza occidentale, quella a stelle e strisce in particolare, dove Ren­zi ha e vuole avere i maggiori contatti. E dove intende far va­lere presto le sue ragioni, come ha dimostrato impugnando pubblicamente la polemica sull’allarme rating lanciato da Standard & Poor’s sulle Gene­rali dell’amico Greco.
Si capisce che è una musica ben diversa da quella suonata fino a poco fa dalle parti del Pd. A cui, prima come Pds, poi co­me Ds, sono addebitate una se­rie di débâcle : si va dalla razza padana che nel 2000 ha lancia­to l’Opa su Telecom dando il via al declino del gruppo; al rap­porto incestuoso tra enti locali e banca in quel del Monte dei Paschi di Siena; fino al polmo­ne finanziario delle coop che ha prodotto nel 2005 il fallimen­to Unipol-Bnl, mentre in que­ste ore cerca di portare a termi­ne un’operazione, la fusione con Fonsai, dalle cui carte usci­te dalla procura di Milano emerge più di un particolare in­quietante.
Non può essere un caso che nella terra delle coop, l’Emilia Romagna, nelle primarie per gli iscritti al Pd del 17 novem­bre Gianni Cuperlo avesse vin­to con percentuali dal 42 al 46%.Forse era anche l’estrema difesa di un sistema di interessi economici che si sentiva mi­nacciato. Ma Renzi sembra aver deciso: per parlare di fi­nanza non si telefonerà più a Bologna, ma si chiamerà Trie­ste. 

 

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Gianluca Pace