Giuseppe Vita a La Stampa: “Alzare il deficit? Merkel non potrà che prenderne atto”

Merkel e Renzi (LaPresse)

ROMA – La visita di Matteo Renzi a Berlino da Angela Merkel, cancelliere tedesco, ha incontrato un giudizio positivo da parte di Giuseppe Vita, un italiano che conosce bene la Germania, essendo presidente del colosso editoriale Springer; da qualche anno copre anche la carica di presidente della mega banca italiana Unicredit.

Tonia Mastrobuoni lo ha intervistato per la Stampa.

“Da quel poco che ho visto finora, mi pare bene. Direi che una politica navigata come Merkel sta dando molto credito – fra l’altro meritato – a Matteo Renzi. Ovvio che un po’ di cautela resti: come dicono i tedeschi e anche gli inglesi con un’espressione molto felice, ora si attende che il presidente del Consiglio italiano “liefert” o “deliver”, insomma che faccia ciò che si è impegnato a fare. Ma ci sono tante indicazioni che suggeriscono che ce la metterà tutta. E in Europa nessuno, tantomeno la cancelliera, vorrebbe mai mettergli i bastoni tra le ruote».

Perché Merkel gli dà credito? E non è lo stesso che diede a suo tempo a Mario Monti ed Enrico Letta?

«Indubbiamente Monti era molto amato in Germania, tutti lo ricordavano come un eccellente Commissario europeo alla concorrenza. E appena è diventato presidente del Consiglio, ha fatto in pochi giorni un’importante riforma delle pensioni. Ma poco dopo, non avendo un partito alle spalle, è stato inghiottito dalle sabbie mobili della politica italiana. La stessa cosa è accaduta ad Enrico Letta, è partito bene e si è poi insabbiato, anche perché aveva un partito dilaniato da lotte interne a logorarlo. La forza di Renzi sta nel fatto, a mio parere, che è anche il segretario del partito maggiore, che lo appoggia con molta più forza di quanto non abbia fatto coi predecessori. Merkel guarda anche a queste cose».

Ma perché si ha l’impressione che la maggior parte dei commentatori in Germania siano invece più scettici? Qualcuno parla anche di una simpatia personale, tra la cancelliera e il presidente del Consiglio italiano.

«E’ vero, tra i due sembra ci sia una simpatia personale. Quanto alla diffidenza dei tedeschi, ci si dimentica troppo spesso da dove veniamo. Decenni di quella che io chiamavo “l’instabilità più stabile del mondo”, quella della Prima repubblica: sempre gli stessi personaggi che si alternavano sulle poltrone più importanti e garantivano comunque prosperità al Paese. Con la Seconda Repubblica, invece, particolarmente con i governi Berlusconi, abbiamo assistito ad anni di “stabilità instabile”, maggioranze ampie in Parlamento e governi longevi ma che non riuscivano a fare le cose promesse. Per i tedeschi è difficile fidarsi di noi».

Pensa che Renzi abbia ottenuto da Merkel un po’ di flessibilità in più sul disavanzo?

«Ha fatto bene Renzi a dire che l’Italia rispetterà il tetto del 3 per cento tra deficit e Pil. Quanto agli eventuali margini da giocarsi sotto quel tetto, dal 2,6 al 2,8 ad esempio, non sono cose che si decidono a Berlino, ma a Bruxelles. E se Renzi deciderà di concedersi maggiori margini per stimolare la crescita, Merkel non potrà che prenderne atto».

 

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FIlippo Limoncelli