
ROMA – Come funziona l’algoritmo di Google? Una squadra di periti (in prevalenza ingegneri informatici) nominata dal tribunale civile di Bologna, sta cercando di scoprirlo, per dimostrare o meno l’ipotesi che il software d’indicizzazione del colosso Usa presenti più di qualche falla tale da aver oscurato (suo malgrado) una storica libreria online, la Unilibro, fino al 2010 il secondo portale di settore per utenti unici davanti a marchi riconoscibili come Bol.it, libreriauniversitaria.it e LaFeltrinelli.it e dietro soltanto ad Ibs.it.
Il caso viene riportato da Fabio Savelli per il Corriere della Sera che spiega:
A sostegno della tesi oscurantista non solo il crollo del traffico di Unilibro negli ultimi quattro anni, ma soprattutto una serie di comportamenti anomali che i legali (di parte) Gianluigi Fioriglio e Giuseppe Croari, ritengono siano frutto di un malfunzionamento dell’algoritmo di indicizzazione di Google. Digitando sul motore di ricerca «Unilibro più il titolo di un libro» – spiega Croari – «i risultati mostrati da Google mostravano ai primi posti sempre le pagine di Ibs.it, come se Mountain View avesse confuso il rapporto di relazione tra due concorrenti, identificandoli invece come siti affiliati alla stessa casa madre».
Ecco perché dopo tre anni di test e consulenze Unilibro, marchio di proprietà di Mailtrade (società che lavora nel direct marketing), ha deciso di fare causa a Google undici mesi fa e ora il processo si avvia alle fasi finali. Le risultanze del gruppo di lavoro del foro di Bologna dovrebbero arrivare per la metà di gennaio, tuttavia colpisce come Unilibro continui ad avere circa il 50% dei risultati omessi, valore nettamente al di sopra dei concorrenti Amazon e Ibs che invece si attestano attorno al 15%.
Il presunto «oblio da algoritmo» – secondo la tesi accusatoria – sarebbe perciò da ascrivere tutto a Google, che però invita a rovesciare la prospettiva. In una nota Mountain View «preferisce non fare commenti su una causa che è tuttora in corso», segnalando che «la ricerca è sviluppata a beneficio degli utenti e non a beneficio dei siti». In filigrana potremmo inquadrare la vicenda come ennesima conferma dello straordinario potere «pubblicitario» di Google. Unica autostrada del web. Senza vere alternative.
