Greenpeace specula e rimane al verde. Riccardo Cascioli, Il Giornale

Greenpeace specula e rimane al verde. Riccardo Cascioli, Il Giornale

ROMA – “Greenpeace si presenta co­me un’associazione per la dife­sa dell’ambiente, in verità è una multinazionale che cerca potere politi­co e denaro”. Queste paro­le – scrive Riccardo Cascioli del Giornale – pronuncia­te esattamen­te venti anni fa dal regista islandese Ma­gnus Gud­mundsson, autore di un documenta­rio choc su Greenpeace, sem­brano ora trovare conferma nei fatti clamorosi rivelati dal settimanale tedesco Der Spie­gel : Greenpeace International, con sede ad Amsterdam, ha in­fatti bruciato 3,8 milioni di eu­ro in una spericolata operazio­ne finanziaria, una scommes­sa contro l’euro.

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La stessa orga­nizzazione ecologista ha dovu­to ammettere la perdita, ma il suo portavoce Mike Townsley ha cercato di limitare i danni, se non altro quelli di immagi­ne, affermando che si è trattato di un’iniziativa personale di un suo dipendente, già licen­ziato.

La preoccupazione dei vertici di Greenpeace è ovvia: i quasi 4 milioni di euro perduti pur essendo una cifra rilevante non mettono a rischio i vari pro­getti in corso, visto che il bud­get annuo dell’organizzazione sfiora i 300 milioni; ma l’emer­gere di speculazioni finanzia­rie può far sorgere qualche do­manda nei suoi tre milioni cir­ca di donatori sparsi nel mon­do mettendo a rischio questo serbatoio di denaro che fa di Greenpeace la più ricca or­ganizzazione ecologista mondiale. In effetti, quella di un di­pendente che preso da «rap­tus finanzia­rio » si lancia in operazioni speculative degne del migliore George Soros, senza che nessu­no dei­responsabili di Greenpe­ace ne sappia nulla, appare co­me una bella storiella a uso dei creduloni. Ma chi conosce la storia e la struttura di Greenpe­ace sa bene che questa versio­ne ha credibilità pari a zero.

La multinazionale dell’ambienta­lismo è costituita da una galas­sia di oltre 40 uffici nazionali ­di cui la sede di Amsterdam è il cuore pulsante- dalla guida for­temente centralizzata, con do­dici grandi elettori ( rappresen­tanti delle sedi che versano i maggiori contributi a Greenpe­ace International) che decido­no tutto, dalle campagne da promuovere all’uso dei fondi. E proprio sulla questione delle risorse finanziarie si sono som­mate nel corso degli anni una serie di accuse, perché la gestio­ne non è mai stata trasparente. Lo stesso Der Spiegel nel 1991 ri­velava che in Germania opera­va una fitta rete di società om­bra controllate al 100% da Gre­enpeace, ma che non appariva­no in bilancio, così da permet­tere all’organizzazione di man­tenere il suo status di organiz­zazione senza scopo di lucro e accedere alle esenzioni fiscali. Ma le rivelazioni più clamo­rose s­ono state fatte dal già cita­to documentario della tv dane­se nel 1993, in cui si affermava l’esistenza di una serie di conti bancari segreti su cui transita­vano decine di milioni di dolla­ri provenienti dalle donazioni per specifiche campagne e che erano accessibili soltanto ai lea­der di Greenpeace. Guarda ca­so, sotto accusa era proprio Greenpeace International, al­le cui dipendenze aveva lavora­to l’autore di queste rivelazio­ni, l’ex capo contabile della se­de olandese Frans Kotte. Se­condo le testimonianze raccol­te dai giornalisti danesi, questi soldi venivano investiti in ope­ra­zioni poco chiare e in parte fi­nanziavano anche gruppi eco­terroristi.
Del resto che l’interesse ge­nuino per l’ambiente fosse già svanito da un pezzo lo aveva detto anche uno dei fondatori di Greenpeace, Patrick Moore, che ha lasciato l’organizzazio­ne nel 1986 e che recentemen­te l’ha accusata di crimini con­tro l’umanità. Eppure c’è anco­ra chi crede che Greenpeace sia una benefica organizzazio­ne che ha a cuore le sorti del pia­neta.

Published by
Gianluca Pace