
ROMA – “I figli e il carattere dei genitori. Così si eredita (vizi compresi)” è l’articolo a firma di Edoardo Boncinelli sulle pagine del Corriere della Sera:
Io uso dire scherzosamente che voler capire qualcosa di psicologia leggendo Proust è come voler capire qualcosa di astronomia leggendo Dante. Scherzi a parte, esistono due maniere diverse e in un certo senso complementari di accostarsi alle cose del mondo e parlarne. Da una parte c’è il rigore della scienza e la sua volontà di spaccare il capello in quattro, dall’altra la piacevolezza e la vera e propria genialità della letteratura che dipinge il mondo come noi lo vediamo, ma in generale molto meglio di noi, come singoli. Questo approccio ci conquista, come tutti quelli spontanei e «facili», ma bisogna rendersi conto che quella non è conoscenza; conoscenza, intendo dire, sulla quale fare affidamento.
Prendiamo il caso del carattere o indole di cui si è parlato da sempre e del suo modo di trasmettersi da genitori a figli. C’è chi dice che tale trasmissione è tutta genetica e chi dice che è tutta appresa. E su tale questione si litiga pure. Non è vera né l’una né l’altra cosa. O almeno non è del tutto vera. Per sapere come stanno veramente le cose bisogna ricorrere alla scienza, a quella pura e cruda, quella che misura e confronta, si fa un’idea e poi rimisura e riconfronta. In questo caso occorre ricorrere alla genetica e alla biologia molecolare. Un recente studio dell’università di Adelaide in Australia mostra che le cattive abitudini materiali, come il bere, il fumare e mangiare in maniera sregolata si trasmettono dai genitori ai figli più di quello che si pensava, ma attraverso un meccanismo sufficientemente inedito, l’epigenetica.
I geni sono quello che sono, ormai lo sanno tutti. Bizzarri, dispotici e dotati di una memoria lunghissima. Ma un gene non può dire niente se non è attivo, cioè acceso. Un gene spento non serve a niente e a nessuno. Per farsi sentire deve essere acceso e mantenuto acceso. I genitori trasmettono ai loro figli i loro geni, anzi il complesso dei loro geni, leggi genoma. Sta allo sviluppo dei figli accendere o spegnere questo o quel gene in questa o quella circostanza. Questo si diceva fino a venti anni fa, e si dice tutt’ora, ma con qualche correzione piuttosto recente: in alcune circostanze, in aggiunta a quello che abbiamo detto, i genitori possono trasmettere anche la disposizione ad accendere o spegnere questo o quel gene. Questo è più e meno della genetica; è epigenetica.
Tale fenomeno è molto di moda e occorre quindi prendere cum grano salis questo tipo di studi, ma quello che è vero è vero. D’altra parte che la tendenza all’alcol e a vari altri vizi materiali fosse ereditaria lo sapevamo da tempo, ma non si capiva bene come. Il padre e la madre trasmettono attraverso le cellule gametiche, cellule-uovo e spermatozoi, il patrimonio genetico al figlio o alla figlia, ma con l’aggiunta di un «biglietto»: cerca di usare questo gene e non usare quest’altro. È un suggerimento, non un’imposizione, ma in molti casi si tratta di un suggerimento forte (…)
