ROMA – I debiti di Sorgenia, la creatura di Rodolfo De Benedetti, figlio di Carlo De Benedetti, in profondo rosso gestionale e finanziario, sono ancora occasione di un attacco del Giornale di Berlusconi.
Sotto il titolo “I debiti dei De Benedetti fanno tremare le banche”, il Giornale prende spunto da una notizia che ha avuto poca eco sui giornali, la richiesta delle banche creditrici di una cifra fra 1,7 e 1,8 miliardi di euro che la Cir, la holding fondata da Carlo De Benedetti e ora interamente in mano ai figli e guidata con pieni poteri da Rodolfo De Benedetti metta nel capitale di Sorgenia la sua quota di un aumento di capitale da 600 milioni di euro il che vorrebbe dire poco più della metà della cifra richiesta, circa 324 milioni (il resto spetterebbe ai soci austriaci di Verbund, che di Sorgenia possiedono il 46%).
Marcello Zacché scrive sul Giornale che
“Le grandi banche italiane che hanno prestato a Sorgenia 1,8 miliardi di euro e che hanno appena concesso alla società elettrica il congelamento delle scadenze fino al luglio del 2014, chiedono alla Cir, la holding della famiglia De Benedetti che controlla il 53% della società elettrica, di fare la sua parte. In pratica di partecipare a un aumento di capitale. I De Benedetti nicchiano perché hanno poca voglia di mettere mano alle casse della Cir e dunque andare a toccare i 350 milioni netti che sono arrivati dalla Fininvest dopo la sentenza della Cassazione sul Lodo Mondadori.
Per questo la famiglia dell’Ingegnere ha preso tempo, dando sì una vaga disponibilità, ma a due condizioni: la prima è che anche gli austriaci di Verbund, soci al 45% di Sorgenia, facciano lo stesso; la seconda è che anche le banchepartecipino alla ricapitalizzazione, un po’ sul modello Alitalia. La trattativa è appena avviata e dunque si vedrà.
Ma c’è da scommettere che non sarà agevole. Verbund, da quel che si capisce, non è affatto intenzionata a sborsare nuovi quattrini in Sorgenia, avendo negli anni già partecipato a costosi aumenti di capitale. Si pensi che nel 2008 gli austriaci hanno investito 200 milioni in una ricapitalizzazione – allora equivalenti a una valutazione del gruppo di ben 3,3 miliardi – quando il valore di carico dell’intera partecipazione di maggioranza dei De Benedetti nel gruppo Sorgenia è iscritta nel bilancio Cir del 2012 a soli 208 milioni. Insomma, è difficile che Verbund abbia molta voglia di seguire ancora la famiglia dell’Ingegnere (che come noto ha ceduto tutte le sue azioni Cir ai figli) su Sorgenia. Tanto che continuano a circolare le voci di una richiesta degli austriaci di concordato preventivo.
Per le banche sarebbe un bel problema perché, a ben guardare, sul caso Sorgenia rischiano di perdere molti quattrini. Ma chi è causa del suo mal…: come è stato possibile prestare 1,8 miliardi a un gruppo energetico che negli ultimi anni, sul picco di 2,5 miliardi di fatturato, non ha mai prodotto più di 200 milioni di margine operativo lordo (ebitda)? Nel piano appena presentato alle banche, Sorgenia dichiara un ebitda di 110-120 milioni nel triennio prossimo, 2014-2016. Quindi ancora peggio dei margini passati. Il punto è che le banche prima della crisi hanno erogato credito sulla base di stime di margini e ricavi rivelatesi poi completamente sballate (…)
E qui cade un altro asino: quali sono le garanzie che le banche hanno chiesto a Sorgenia per gli 1,8 miliardi fin qui prestati? Non è facile scoprirlo per la privacy che circonda la clientela bancaria e questa operazione in particolare. Ma sembra che la maggior parte degli importi, come le analoghe operazioni di finanziamento avvenute nel comparto energia prima della crisi economica, non avesse altra garanzia che i flussi di cassa futuri. Da fonti finanziarie si apprende che non sono state date né azioni Cir, né azioni Sorgenia in pegno (…)