
ROMA – “Il made in Italy non muore- scrive Claudio Antonelli su Libero – Cambia pelle e soprattutto proprietร . Dal primo gennaio 2008 a oggi sono passate in mani straniere ben 830 aziende italiane per una valore complessivo di poco superiore ai 101 miliardi di euro”.
Sulla versione cartacea di Libero l’elenco completo delle aziende
Cifra che arriva tranquilla- mente a 115 miliardi, dal momento che nelle operazioni piรน piccole gli importi del- la cessionenon sono dichiarati.Nello stes- soperiodo(tabelle eapprofondimentido- mani su Libero) lo shopping italiano allโestero si รจfermato a circa 340prede per un capitale piรน o meno di 65 miliardi. Nel primo caso lโattenzione รจ concentrata so- prattutto sul lusso e sul settore retail,ย ) nel secondo caso, quando siamonoi a investire, cโรจ molta chimica, farmaceutica e industria connessa alle automobili. Un caso su tutti Fiat a Detroit. Vi proponiamo lโelenco nominativo di tutte le acquisizioni, fatto esclusione per il mondo delle Pmi. Una lista che meglio di tanti raccon- tie articolipermettediindividuare isettoriinteressatie anchelestra- tegie sottostanti. Si tratta di unlavoro giornalistico (nellโelenco ci sono anche acquirenti con capitale misto italiano ed estero) e non di una dettagliata analisi di mercato. Abbiamola consapevolezza di non pro- porre unaricostruzione da laboratorio scientifico,ma tanto basta- a nostro avviso – per comprendere quali effetti il nuovo made in Italy avrร sulla nostra economia e quali ripercussioni la maggior parte delle ope- razioni avranno – o potranno avere – sul nostro Pil. Da un lato lโimpoverimento della capacitร industriale del Paese รจ frutto di mala politica, troppi sussidi,zero infrastrutture e alte tasse as- sieme a una scarsa lungimiranza di imprenditori che non hanno sapu- to capitalizzare le proprie creazioni, ma dallโaltro va sottolineato che su 830 poco piรน di una ottantina sono acquisizioni di natura finanziaria: le altre sono legatea imprese con Dna prettamenteindustriale e quindi, generalmente, con progetti di crescita. Con la trasformazione dellโexport e lโunificazione -sotto questo profilo – dellโEuropa la cresci- ta industriale passaormai quasi esclusivamente attraversole acquisi- zioni. E ilmade in Italy frammentato non avrebbepiรน avuto speranza non solo di crescere, ma spesso anche di vivere. LโItalia, dunque, nella globalizzazionecimette laconoscenza,glistranieri ladistribuzione.E sempre piรนspesso i soldi.Si puรฒ notare chenegli ultimi annilo shop- ping straniero lungo la penisola รจ aumentato. Al contrario si รจ assistito a unadiminuzionedelle acquisizioniItaliasuItalia. Perchรฉ,comedetto sopra,si รจaggiunto unterzo pilastrofondamentale: laliquiditร chea noi manca. I Paesi che piรน stanno scommettendo sullโItalia sono Fran- cia, Usa, Germania, Russia, Corea del Sud e la galassia emiratina. In generale si puรฒ dire che piรน del 40% delle acquisizioni ha toccato il mondo del retail.Lusso, moda, design, alimentari,grande distribuzio- ne.Aseguire ilmanifatturieroesoloinfondo lepartecipazioniinban- cheenelmondodeiservizi finanziari.Lamodarisultalapiรนpagata. Bulgariรจ stataacquistatada Lvmhper4,4miliardi dieuro.Per lโ83% di Parmalat, con 4,3 miliardi il giro dโaffari, la francese Lactalis ha stanzia- to3,7 miliardi.Perlโ80%di LoroPiana(630milioni difatturato)Lvmh ha investito due miliardi. Poi 1,9 miliardi stanziati da General Electric per Avio, 1,6 miliardi da Edf per Edison, oltre un miliardo dallโamerica – naFirstReserve perlaminoranzadiAnsaldoEnergia. AseguireValen- tino, Pomellato, Krizia, PalZilieri. Per tutti cโรจ stato osi prospetta un ri- lancio. Ovviamente non finisce qui. Il perdurare della crisi espone sempre piรน lโItalia allo shopping estero. Il 2014 ci riserverร molte novitร nel bancario, con Alitalia e con alcuni asset in perdita delle big di Stato.
