Il Pd non ha capito il Nord e il Fisco: Maltese lo scopre dopo il voto

Curzio Maltese

“Se i dirigenti dovessero ascoltare, per una volta nella vita”, quel che chiede la base, “la complicata strada del dopo voto si spianerebbe di colpo”, ha scritto Curzio Maltese su Repubblica. I dirigenti sono quelli del Pd e delle sue precedenti mutazioni dal Pci, unico gruppo dirigente di un partito comunista al mondo fuori da Cina e Vietnam sopravvissuto a se stesso. La presenza di ex democristiani e ambientalisti non è bastata a stemperarlo, anche perché anche in politica comanda chi ha i soldi e i non comunisti del Pd hanno affidato le sostanze della loro Margherita a Luigi Lusi, con quel che ne è seguito.

Maltese immagina”tre sole mosse”:

“Primo, un governo a termine per approvare in Parlamento pochi provvedimenti ai quali i grillini non potrebbero dire no.Per esempio, la riforma elettorale e della politica, il dimezzamento dei parlamentari e dei rimborsi elettorali, l’abolizione delle province, il taglio delle spese militari.

“Secondo passo, le dimissioni di Bersani e dell’intero gruppo dirigente, per lasciare spazio a una leadership più moderna e coraggiosa, con un altro candidato premier: tutti sanno chi.

“Terzo, il ritorno al voto appena possibile”.

Avverte Maltese che

“Questo invoca la base del Pd, con la stessa ingenua forza con cui diciassette anni fa, scriveva imploranti lettere ai dirigenti perché approvassero una legge sul conflitto d’interessi, magari con la Lega ribaltonista. Ma siccome i dirigenti la base non l’hanno mai ascoltata, a costo di perdere un pezzo alla volta, perché oggi sì?”.

“L’invincibile armata di Pierluigi Bersani ha ripercorso uno per uno gli errori della gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto, si è cullata nell’illusione virtuale della vittoria, senza muovere un passo. Invece di intercettare la voglia profonda di cambiamento, ha voluto accreditarsi come sopravvivenza del vecchio. […] Peccato che il Paese fosse già altrove. I due milioni di elettori di sinistra che negli ultimi giorni hanno svoltato per Grillo, mettendo in ridicolo i poveri sondaggisti, cominciano a confessarsi sui social network”.

Maltese elenca tutte le occasioni perdute dal Pd per non sprofondare:

– le mancate leggi sul conflitto d’interesse;

– le timidissime battaglie per la legge anticorruzione o la riforma elettorale;

– le strane assenze quando si trattava di approvare in Parlamento, in regione, in provincia o in comune un qualsiasi taglio dei privilegi di casta.

– anzi il voto comune, con l’ultimo Batman di provincia, per aumentarsi i fondi. E gli affarucci di quartiere o gli affaroni delle merchant bank rosse.

Maltese tocca poi un nodo centrale:

“l’eterna incomprensione della questione settentrionale, in gran parte coincidente con la questione fiscale”,

che spiegata la

“sconvolgente geografia del voto. Otto milioni di voti persi da Berlusconi e alleati e non uno finito nel paniere del centrosinistra, che ne ha persi a sua volta quattro milioni. Ci si aspettava nel Nord industriale il ritorno a casa del voto popolare, per anni affascinato dal populismo bossiano. Il risultato è che i 5 Stelle sono di gran lunga il primo partito a Mirafiori e in Barriera di Milano a Torino, nei poli di Mestre e Porto Marghera, nelle aree portuali e nelle periferie industriali di Genova.

“Un luogo comune dice che il difetto della cultura di sinistra è di essere rimasta ancorata alla visione della fabbrica fordista. A giudicare da queste cifre verrebbe da rispondere: magari. Un voto operaio così compatto, per un partito che fra l’altro propone l’abolizione del sindacato, non si registrava dal Pci di Berlinguer, epoca nella quale Beppe Grillo era soltanto la seconda attrazione dei festival dell’Unità, dopo Roberto Benigni.

Amara conclusione:

“Bersani era uno dei figli migliori di quella tradizione, ma non è bastato. Di tutta la sua campagna elettorale, l’occasione della vita, si ricorderà un unico slogan, una battuta presa a prestito da Crozza”.

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Marco Benedetto