L’imprenditore sapeva di dover pagare, aveva infatti già versato trecentomila euro, ma aveva inoltre avvertito che con oltre due milioni di crediti da riscuotere da enti vari non sarebbe stato in grado di versare la restante somma di centomila euro, ma questo non ha certo fermato la scure dell’Agenzia delle entrate, che voleva rientrare in possesso della somma dovuta. È scattata così la segnalazione in tribunale, com’è prassi quando si tratta di evasioni superiori a 50mila euro, e si è arrivati al penale con il rischio per l’imprenditore di vedersi condannare ad una pena fino a due anni di reclusione.
In aula, invece, il giudice Emiliano Picca del tribunale veliterno accoglie la tesi portata avanti dall’avvocato della difesa, Alessandro Priori: «L’imputato non ha versato all’erario l’imposta dovuta a causa della difficile situazione economica dell’impresa stessa». In buona sostanza, non pagando, le amministrazioni hanno creato un danno alla ditta, che impiega oltre cinquanta dipendenti, che si è trovata così senza liquidità. Mancando di fatto la volontà di compiere il reato, l’imprenditore è stato quindi assolto.
Del resto una condanna penale avrebbe significato la chiusura dell’azienda visto che con precedenti a carico le ditte non possono presentare il durc (documento unico di regolarità contributiva) senza il quale è impossibile accedere ai bandi pubblici e, oltre al danno la beffa, riscuotere i crediti pregressi.