
ROMA, 27 GEN – E’ l’eterno scandalo nazionale, quello degli incarichi, delle nomine, delle doppie nomine scrive Sergio Rizzo sul Corriere della Sera.
Quando chiesero ad Annalisa Vessella, consorte dellโallora onorevole dei ยซResponsabiliยป Michele Pisacane, come riuscisse a conciliare il ruolo di consigliere regionale della Regione Campania con il posto di amministratore delegato della societร Isa (160 mila euro lโanno) che le aveva dato il ministro dellโAgricoltura, Francesco Saverio Romano, amico e collega di partito di suo marito, lei non fece una piega. Rispondendo che ne aveva tutti i requisiti, come se fosse appena una questione di curriculum. A due anni di distanza, la signora Vessella che nel 2010 si presentรฒ sui manifesti elettorali come Annalisa Pisacane, perchรฉ fosse chiaro a tutti che era la moglie del deputato, continua a ricoprire il doppio incarico.
Cosa cui aspirerebbe anche Vicenzo De Luca nonostante una sentenza del tribunaleย erchรฉ quando il giudice ha accolto lโesposto del Movimento 5 Stelle sentenziando che in effetti la legge รจ la legge e dunque De Luca non puรฒ fare contemporaneamente il sindaco di Salerno e il viceministro delle Infrastrutture, lui non lโha presa bene e ha fatto ricorso. Coerente almeno nellโostinazione con cui ha sempre difeso la sua condizione di centauro. Capiamolo: in Italia nessuno si era mai scandalizzato davanti ai doppi o tripli incarichi pubblici. Semmai il contrario.
Cosรฌ come nessuno, almeno fino al pronunciamento ieri di Enrico Letta, nei tre governi che si sono avvicendati dal 2008, ha mai voluto affrontare il caso di Antonio Mastrapasqua. Quando รจ stato nominato presidente dellโInps a palazzo Chigi cโera Silvio Berlusconi e lui aveva una quarantina di poltrone. Oggi, che in piรน controlla anche lโex Inpdap, ne occupa quindici.Qualche assaggio? La presidenza della societร di gestione di fondi immobiliari Idea Fimit. La vicepresidenza di Equitalia. La presidenza dei collegi sindacali di Adr engineering, Aquadrome ed Eur Tel (Tesoro). Quindi gli incarichi da revisore nelle Autostrade per lโItalia, Coni servizi e Loquendo (Telecom). Dulcis in fundo, cโรจ pure un posto da direttore generale: allโOspedale israelitico di Roma. Dovโรจ stata aperta lโinchiesta su una presunta storia di cartelle cliniche truccate.
Sarebbe ingiusto dire che non si รจ fatto nulla per mettere un freno a questo costume. Dando attuazione alla legge anticorruzione il governo di Mario Monti ha stabilito con un decreto legislativo una lunga serie di incompatibilitร fra ruoli politici, poltrone nelle societร pubbliche e alti incarichi burocratici. Peccato che appena due mesi dopo, nel giugno 2013, con il governo di Letta insediato da poche settimane, il Parlamento lโabbia smontato di fatto, fissando il principio che quei limiti diventeranno operativi solo a partire dalle nomine future. E peccato che a ottobre scorso il ministero dellโEconomia abbia deciso con una propria circolare che il divieto di sommare le poltrone non si applica ai direttori e ai vicedirettori delle agenzie fiscali: una circolare che supera una legge!
Dimostrazione di quanto sia complicato in un Paese tanto refrattario alle regole, e impregnato di conflitti dโinteressi, far passare un principio elementare come lโincompatibilitร fra i vari incarichi pubblici. E se รจ cosรฌ difficile al centro, figuriamoci in periferia. Capita perciรฒ che il sindaco di Arconate, Mario Mantovani, alla cui famiglia fanno capo oltre 800 posti letto di residenze per anziani convenzionate con la Regione Lombardia, sia assessore della medesima Regione. Alla Sanitร , per lโesattezza. Oppure succede che il presidente della Provincia di Brescia, lโex sottosegretario leghista allโEconomia Daniele Molgora, abbia un posto nel consiglio di amministrazione della societร che gestisce lโautostrada Brescia-Padova. O che lโex governatore della Lombardia Roberto Formigoni, emigrato al Senato, sia rimasto per mesi attaccato allo scranno di commissario generale dellโExpo 2015.
Ed รจ niente al confronto di quello che accade nella burocrazia, lontano dai riflettori. Per otto lunghi mesi la Provincia di Roma, commissariata dopo le dimissioni dellโattuale presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, รจ stata retta dal prefetto di Palermo Umberto Postiglione. Mentre allโex capo di gabinetto del ministero dellโEconomia, lโesperto Vincenzo Fortunato rimasto senza incarico di governo, รจ stata affidata la complicata liquidazione della concessionaria del Ponte sullo stretto di Messina (che non si farร mai), ma anche la presidenza di Investimenti immobiliari italiani, il fondo che dovrร gestire la privatizzazione e la valorizzazione di un bel pezzo di patrimonio pubblico, nonchรฉ il collegio sindacale di una terza societaโ del Tesoro: Studiare sviluppo.
E i magistrati? A chi meglio di loro mettere in mano (gratuitamente, sโintende) la delicata materia della giustizia sportiva, come prova lโincarico di presidente della corte della Federcalcio assegnato al consigliere di Stato Gerardo Mastrandrea?
Il fatto รจ che certa burocrazia รจ abilissima a muoversi nelle pieghe della legge. Sfruttando a proprio vantaggio anche le apparenti avversitร . Ne รจ testimonianza un comma della legge di Stabilitร che contiene una disposizione sacrosanta: chi percepisce una pensione statale non puรฒ cumulare a quella un altro stipendio dello Stato che gli faccia superare il tetto massimo di 302 mila euro stabilito per le retribuzioni dei manager pubblici. Disposizione che perรฒ non vale, anche questa, per ยซgli incarichi e i rapporti in essereยป: con il sospetto che questa frase serva a salvare dalla tagliola le paghe super di certi consiglieri di Stato che lavorano per la politica. Dunque si fissa una regola e poi si concede la possibilitร di aggirarla agli stessi che lโhanno scritta.
Tanta ipocrisia non poteva risparmiare le nomine pubbliche. La scorsa primavera il Tesoro rinviรฒ la designazione dei vertici della Finmeccanica con la motivazione di dover prima mettere a punto requisiti di assoluta moralitร e professionalitร . Eโ finita con la nomina dellโex capo della polizia ed ex sottosegretario Gianni De Gennaro alla presidenza della holding militare e tecnologica, e con la conferma dei vecchi amministratori in tutte le altre societร statali. Compreso Giancarlo Innocenzi, ex dipendente del gruppo Fininvest di Berlusconi, ex onorevole, ex sottosegretario ed ex componente dellโAgcom da cui si era dovuto dimettere in seguito alle polemiche circa le presunte pressioni esercitate per far chiudere la trasmissione Anno zero di Michele Santoro: confermato alla presidenza di Invitalia, societร pubblica per lโattrazione degli investimenti esteri.
Non che le cose vadano diversamente nelle autoritร indipendenti, dove spesso lโindipendenza รจ una variabile secondaria. Lโultima in ordine di apparizione, lโAuthority dei trasporti: dove fra i componenti รจ spuntato un altro politico di lungo corso: lโex deputato di Forza Italia Mario Valducci.
Adesso non resta che attendere con ansia le nomine alla Rai. Succulento antipasto di quelle in arrivo nelle grandi societร di Stato: Eni ed Enel, dove Paolo Scaroni e Fulvio Conti hanno fatto tre mandati triennali, o le Poste, dove Massimo Sarmi sta completando addirittura il quarto. Chi scommette su un altro giro di valzer?
