
ROMA . Sui limiti da porre alle intercettazioni e alla loro divulgazione, Antonello Soro, dal maggio 2012 Garante della privacy, ha parlato con Liana Milella di Repubblica dicendosi ottimista su una conclusione equilibrata:
“La questione, da anni, è fortemente divisiva, ma sono convinto che un equilibrio di interessi costituzionali sia necessario e sia anche possibile. Ho sollevato la questione dal primo giorno in cui ho assunto il mio incarico, ne ho parlato nelle due relazioni al Parlamento, in numerose audizioni parlamentari, nei provvedimenti di blocco e di divieto per alcuni giornali. Cito per tutti i casi della prostituzione giovanile a Roma e di Yara».
Incalza Liana Milella: giura che Lupi e D’Alema non c’entrano? “Assolutamente no. La lettera a Renzi non parte da loro, ma dal fatto che in commissione Giustizia della Camera c’è la delega sulle intercettazioni. Decidere spetta al legislatore, e non voglio certo sostituirmi a lui. Ma è mio compito, in quanto Garante della privacy, far sentire la mia voce. È giusto sollecitare un riequilibrio, posto che tra i diritti fondamentali alla giustizia, alla sicurezza, alla libertà d’informazione, alla privacy, spesso quest’ultima è soccombente. […] Non si può agire a colpi di spada, ma bisogna puntare a un bilanciamento dei diritti, facendo appello a un’Italia matura, che difende il diritto dei cittadini di sapere, ma senza sacrificare il rispetto della dignità della persona”.
Nella lettera a Renzi, ossrva Liana Milella, Antonello Soro parla “dell’esigenza di un’adeguata selezione delle notizie da diffondere”. Cos’è questo se non un bavaglio? “Non credo che il giornalista sia solo uno che piglia una trascrizione e la butta in pagina. Serve un vaglio critico. Ma sia chiaro, la cultura del bavaglio non mi è mai appartenuta perché ho un’alta considerazione della funzione democratica della libera informazione.
“Non è in mio potere suggerire soluzioni. Né posso affrontare singolari casi giudiziari. Ma ho detto parole anche molto dure quando in tv è stato riportato l’audio dell’interrogatorio di Scajola, perché quello era un modo barbaro di far entrare in tutte le case degli italiani la voce di un uomo in una fase delicata della sua vita, visto che era in carcere.
“Ho fatto lo stesso per Massimo Giuseppe Bossetti. La dignità personale va difesa sempre, non solo quella di chi finisce di sfuggita in un’intercettazione e non è indagato, ma anche quella degli indagati e dei condannati. Il rispetto della dignità personale è l’architrave su cui si regge il nostro sistema costituzionale, perdere di vista questo ci porta alla barbarie”.
Liana Milella tocca un punto critico della questione privacy, il diverso diritto di cui dovrebbero godere i politici.Antonello Soro è stato un politico in vista per anni: non crede che un uomo pubblico abbia diritto a meno privacy degli altri? I cittadini lo eleggono e hanno diritto di sapere chi è.
“Chi ha responsabilità pubbliche ha una tutela attenuata rispetto ai cittadini normali, tuttavia ha diritto a una vita privata che non sia esposta alla curiosità di tutti. Magistrati e giornalisti dovrebbero fare un esercizio critico. La trascrizione integrale di un’intercettazione produce effetti deformati che alterano la rappresentazione dei fatti. Se riguardano aspetti penalmente irrilevanti producono solo un danno irreparabile alla vita delle persone. È successo per uomini politici e gente comune”.
Contrappone Liana Milella il fatto che noti magistrati, Spataro, Caselli, Cantone, hanno detto a Repubblica che in un processo contano anche le telefonate utili per ricostruire il contesto... “Come in tutte le cose conta il principio della proporzionalità. Tutte le informazioni rovesciate a volte nelle10mila pagine di un’inchiesta sono indispensabili? O il magistrato deve fare una selezione di quelle necessarie? Le intercettazioni irrilevanti non dovrebbero essere trasmesse nel processo. Ce ne possono essere di contesto, utili nella fase dibattimentale, ma non è necessaria la trascrizione integrale, basta un riassunto o solo il contenuto. Spetta al giornalista valutare, senza alienarsi in una trascrizione integrale. Si può raccontare un fatto senza mortificare la dignità delle persone, offrendo spaccati interi di vita intima come oggetto di curiosità più che di informazione. Un fatto è certo, non vorrei più vedere pubblicati i dettagli che ho letto sull’inchiesta delle minorenni dei Parioli, nessun interesse pubblico, ma solo morbosità che ha danneggiato la vita di queste ragazze”.
