L’Iran e clausole invisibili dell’accordo sul nucleare

Le clausole invisibili dell’accordo con l’Iran

ROMA – Temporaneo, modesto e incompleto. L’accordo con l’Iran, come scrive Sergio Romano per il Corriere della Sera “non avrà per effetto la fine di tutte le sanzioni e concede allo Stato degli Ayatollah una boccata d’ossigeno (sette miliardi di dollari) che non basterà a rimettere in sesto i conti dello Stato e a rilanciare l’economia” ma “vi sono almeno due fattori che rendono questo accordo, al di là delle sue clausole, un evento internazionale”.

Scrive Sergio Romano:

In primo luogo tutte le potenze sedute al tavolo di Ginevra hanno capito che un altro rinvio avrebbe lasciato spazio ai nemici dell’intesa, molto numerosi nelle loro rispettive società nazionali, e proiettato un’ombra sulla possibilità di un nuovo incontro. In secondo luogo, questo primo compromesso, anche se parziale e temporaneo, è bastato a suscitare la collera del primo ministro israeliano e, probabilmente, quella del governo saudita. Se gli accordi si giudicano soprattutto per il modo in cui vengono percepiti da coloro che cercano d’impedirli, la reazione di Netanyahu conferma indirettamente l’importanza di quello raggiunto a Ginevra. Israele ha avuto sinora, nelle vicende iraniane, qualcosa di molto simile a un diritto di veto e teme di averlo perduto.
Vi è un altro aspetto dell’accordo che lo rende politicamente cruciale. I patti internazionali contengono spesso clausole invisibili che tutti conoscono, ma preferiscono tacere. Al di là delle sue formule tecniche e dei problemi non ancora risolti, l’accordo di Ginevra ci dice che l’Iran può ora uscire dal girone degli Stati inaffidabili, se non addirittura «canaglia», in cui ha vissuto, fra alti e bassi, negli ultimi decenni e, in particolare, durante le due presidenze di Mahmud Ahmadinejad. I suoi interessi non saranno sempre condivisibili, le sue ambizioni continueranno a preoccupare una parte della società internazionale. Ma l’Iran diventerà sempre di più, d’ora in poi, lo Stato con cui, pur dissentendo dalla sua linea, sarà utile scambiare idee e informazioni, fare affari, cercare terreni di possibile collaborazione. Gli Stati Uniti non approvano molti aspetti della politica cinese o saudita, ma questo non ha impedito a Washington di considerarli utili interlocutori. Lo stesso dovrebbe accadere domani per i rapporti con l’Iran. Beninteso, molto dipende anche dalla classe politica iraniana. Non basta spalancare le porte degli impianti agli ispettori dell’Agenzia per l’energia atomica. Non basta dare serie garanzie sull’uso dell’uranio. I dirigenti iraniani dovranno dimostrare che sanno tenere al guinzaglio i Guardiani della rivoluzione, i servizi di sicurezza, la fazione fanatica del clero. Ma toccherà contemporaneamente agli Stati Uniti e all’Occidente dimostrare che ogni passo in questa direzione sarà apprezzato. Senza reciproca fiducia nessun accordo è destinato a durare.

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Gianluca Pace