Non molto amata dal fratello dell’editore, Silvio Berlusconi fratello di Paolo, Rosi Rosy Bindi è stata colta dal Giornale in una apparente contraddizione: ha detto di dimettersi dalla presidenza della assemblea del Pd e poi non lo ha fatto.
Il titolo è
“La finte dimissioni della Bindi in crisi di nervi. Aveva detto: “Lascio senza attendere oltre”. Ma è ancora presidente”
Secondo Paolo Bracalini, Rosi Rosy Bindi voleva dissociarsi
“dalla «cattiva prova offerta dal Pd in un momento decisivo per la vita delle istituzioni e del Paese». Sarà, ma mentre Pier Luigi Bersani ha lasciato la segreteria in mano a Enrico Letta, ufficializzando il passo indietro già annunciato, con Rosy Bindi siamo fermi all’annuncio. La presidente del Pd, nella direzione che ha segnato il capolinea di Bersani, ha detto che spiegherà le sue dimissioni alla prossima assemblea del Pd (ma non aveva più voglia di «attendere oltre»?), ma al momento, come si legge anche sul sito ufficiale del Pd, il presidente del partito risponde al nome di Rosy Bindi, lei.
“La sua lettera di dimissioni, una scelta «meditata da tempo», è stata da lei consegnata nelle mani del segretario Bersani. Il quale, però, nel frattempo è solo un deputato Pd, non più il segretario. E allora? Niente, la Rosy sta al suo posto”.
Bracalini elenca diverse ragioni di amarezza per la Bindi:
“Aveva bocciato l’ipotesi di Letta a Palazzo Chigi e se lo ritrova premier. Odia profondamente Matteo Renzi, e per il sindaco rottamatore si è spianata la strada che dovrebbe condurlo a essere il prossimo candidato premier del Pd. La sua corrente si è prosciugata, l’hanno abbandonata molti dei suoi (parlamentari ma anche quadri del partito) diventati proprio renziani, specie al Sud. È stata fra i pochi dirigenti del Pd a non votare per la linea delle larghe intese voluta da Napolitano, e il Pd ha seguito esattamente questa linea”.
Un epsiodio viene citato Bracalini come indice del “nervosismo” della Bindi. Durante la direzione del Pd, trasmessa in diretta tv e internet,
“quando ha preso la parola Umberto Ranieri, l’unico a fare esplicitamente il nome di Matteo Renzi come presidente del Consiglio, si è sentita la voce della Bindi che dice: «Questo lo dobbiamo far parlare per forza?». Poco prima, fuori dalla sede del Pd, la stessa Bindi aveva risposto a un contestatore minacciandolo di tirargli un pugno”.
“La sua vera ossessione è Renzi. Lo ha definito «figlio del ventennio berlusconiano», lo ha invitato a restare a Firenze, precisando di non voler fare polemiche (e meno male) con uno «che non sa nemmeno fare il sindaco della sua città». Minacciò querele sul famoso dossier sui costi del Pd, attribuito ai renziani e pubblicato da Dagospia, dove si leggeva che «la presidente Rosy Bindi ha tre segretarie (già assunte dal Pd a tempo indeterminato con stipendi sui 1.600/1.900 euro). Ha una addetta stampa, Chiara Rinaldini, e un altro collaboratore pagato dalla vicepresidenza della Camera»”.