L’affare leggendario delle vigne di Baffino. Pino Corrias, Il Fatto Quotidiano

Massimo D’Alema

ROMA – “Nei fine settimana umbri abito dalle parti di D’Alema, nessuno è perfetto, tra le colline che cavalcano gli orizzonti di Narni e Otricoli -scrive Pino Corrias del Fatto Quotidiano – Le sue vigne stanno a 300 metri d’altezza, un centinaio di filari che di solito prendono il sole in silenzio. Lui invece ne straparla”.

Ha battezzato, scrive Corrias,  “proustianamente l’azienda agricola, Madeleine, ma precisando che si tratta di un anagramma specchiante: “Linee D’Alema”, segnalandoci la sua arguzia. Un po’ di giornali e giornalisti di zona (che al momento non ha ancora denunciato) gli hanno fatto i conti in tasca. Lui dice che tutto l’ambaradan agricolo – sette ettari di vigne, più altrettanti di terreni agricoli, più gli ulivi, il casale, gli annessi, la cantina, le macchine per imbottigliare, la piscina e la sua celebre collezione di cani corsi, “cani che uccidono” – gli sarebbe costato gli spiccioli di Ikarus, la barca, 400 mila euro o giù di lì”.

(…)L’azienda, scrive ancora Corrias, “secondo la sua personale contabilità “dà il lavoro a più di qualcuno”. Ma non è che lui si tiri indietro, anzi: “Scarico cassette d’uva da 20 chili”. E quando si ripiglia, segue tutte le fasi della lavorazione, fino al calice e anche oltre. Qualche volta materializzandosi nelle sagre di zona con il banchetto e la cravatta per la gioia dei vecchi militanti e la nostra. La prima volta che ci hanno regalato una sua bottiglia, in casa si è fatto silenzio. L’amica ce l’ha consegnata come una reliquia. L’etichetta recitava “Sfide”, a dire il nerbo del suo produttore. E forse anche del suo cane, Ajace. Era un Cabernet Franc in purezza, 14 gradi e mezzo dichiarati, colore rubino, bouquet di frutti di bosco e liquirizia, venatura vegetale. Un po’ troppo tannico al palato. Un po’ troppo costoso al portafoglio, 29 euro. Come dicono i sommelier colti “un vino ruffiano e un po’ fighetto”, un vino d’altri tempi. Stavamo per berlo. Ma poi per celebrare un’antica gag qualcuno ha proposto di buttarlo tutto nel risotto. E il risotto – come l’Italia che proprio D’Alema per una ventina d’anni ci ha cucinato – era cattivo”.

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Gianluca Pace