Libero: “Cancellieri perché non chiama i genitori di Michele?”

Libero: “Cancellieri perché non chiama i genitori di Michele?”

ROMA – “Un ministro ha molti doveri, ma ha anche il diritto a essere umano”, Anna Maria Cancellieri, dal palco del congresso dei Radicali a Chianciano si è così difesa dal caso Ligresti negando favoritismi per poi aggiungere: “Se Giulia Ligresti si fosse uccisa io non sarei stata responsabile?”

Libero oggi (4 novembre) risponde, allora perché il ministro non chiama anche i genitori di Michele? Chi è Michele? Ecco la storia raccontata da Libero:

Nell’Italia degli intercettati il ministro Cancellieri non fa difetto: in nome dell’amicizia chiama la moglie di don Salvatore Ligresti – «Farò quel che posso» – che giuridicamente non ha rilevanza penale, ma politicamente provoca il nauseabondo disgusto cui i connazionali sono ormai assuefatti. Mi domando, però, perché il Guardasigilli invece dei potenti Ligresti, fino a pochi mesi fa padroni del gigante assicurativo Fonsai, non telefoni alla ben più modesta famiglia Pinton-Cavraro.

I genitori del piccolo Michele, gentile ministro, non hanno aerei, limousine, società di assicurazioni o consulenze da affidare a questo o quel prefetto o figlio di prefetto,ma hanno un cuore grande grande. Da loro c’è molto da imparare e l’ho capito la prima volta che li ho visti, quando mi sono recato a casa loro. Tenevano in braccio un corpicino esile, immobile, invalido al 100%: Michele, infatti, non parla, non mangia, non cammina. Il suo piccolo tronco immobile per bocca dei genitori grida solo giustizia, perché i medici sono stati negligenti durante il parto. Il calvario processuale, però, non è stato meglio di quello della gravidanza di mamma Sonia.

Le peripezie nelle aule d’ingiustizia le iniziamo 5 anni fa: prima udienza fissata dopo 2 anni. La prima consulenza è negativa e nel frattempo il precedente avvocato fa causa ai genitori per una montagna di quattrin. Stefano e Sonia iniziano a sfiduciarsi: «Avvocato non abbiamo i soldi per continuare, dobbiamo pensare a Michele. Sa di cosa parliamo… noi dobbiamo dargli da mangiare». Quando sommessamente mi dicono queste parole, i miei occhi sono più umidi dei loro, ma decidiamo di non mollare. Ci giochiamo le ultime chanches e gli ultimi spicci, ma l’amore dei genitori che proteggono il piccolo Michele senza mai lamentarsi è grandioso, trasmette una forza eccezionale. Ti consente di andare in udienza a testa alta. Pensando che quello che puoi fare quella mattina in tribunale per Stefano e Sonia è sempre nulla rispetto a quello che loro fanno quotidianamente per il piccolo Michele. Pensi che davanti a quel corpicino vegetale non esistono confini anagrafici e parentali, ma siamo tutti esseri umani. Tutti frammenti di quell’uni – co infinito ciclo vitale che è l’eterno ritorno di ogni pensiero, di ogni epidermide, di ogni malattia dell’essere umano. Ecco, allora, che quando l’avvocato di Fondiaria si oppone strenuamente alla nostra richiesta di rinnovo della consulenza, si alzano i toni, battibecchiamo pesantemente, il giudice invita a moderarsi, ma accoglie le nostre istanze. Finalmente dopo 5 anni i nuovi periti ci danno ragione, ma Fondiaria-Sai, che assicura i sanitari responsabili, tace. Sollecito e sbuffo, ma dall’altra parte solo silenzio da anni, non un euro di contributo. Allora, gentile ministro, Lei che è così amico degli ex padroni di Fonsai accusati di aver sottratto non pochi denari alla compagnia, chiami mamma e papà del piccolo Michele che hanno invece il problema del companatico e i cui diritti languono nelle morse dei tribunali e di Fonsai. Per le scuse, una parola di conforto e i risarcimenti non è mai troppo tardi…

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Gianluca Pace