Licenziamenti disciplinari a rischio di discrezionalità. Pogliotti, Tucci, Sole 24 Ore

Licenziamenti disciplinari a rischio di discrezionalità. Pogliotti, Tucci, Sole 24 Ore

ROMA – “Licenziamenti economici senza più reintegra – scrivono Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci – E doppio regime di tutele (reintegro nei casi più gravi e indennizzo) nei licenziamenti disciplinari. In vista della ripresa (martedì) dell’esame del Jobs act da parte del Senato, su questa proposta sono al lavoro i tecnici del governo che già guardano ai decreti delegati per correggere l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, modificato dalla legge Fornero”.

L’articolo completo:

Obiettivo dell’esecutivo è abolire, o quantomeno limitare fortemente, la discrezionalità dei magistrati sui presupposti che portano alla scelta del regime sanzionatorio (in caso di declaratoria di illegittimità del licenziamento). Per consentire al giudice di sapere con estrema precisione quando applicare la tutela reale e quando, invece, quella obbligatoria (cioè la sanzione economica).
Oggi, infatti, la situazione è piuttosto confusa e c’è poca certezza del diritto. Il governo è orientato a chiedere mercoledì la fiducia sul testo votato dalla commmissione lavoro del Senato che fa riferimento alle nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti (oltre alla revisione della disciplina delle mansioni e dei controlli a distanza) – ipotesi che vede la contrarietà della sinistra Pd che ieri ha manifestato a Roma insieme a Sel –, anche se si ragiona sull’ipotesi di un emendamento, come ha spiegato il ministro del lavoro, Giuliano Poletti: «Stiamo ancora lavorando per trovare una buona composizione sulle diverse posizioni che si sono espresse in questa fase». Quanto alle quattro proposte votate dalla direzione nazionale del Pd, l’ipotesi prevalente è quella di fare un esplicito riferimento nella relazione illustrativa del Ddl delega, con l’impegno del governo a dare risposte in sede di attuazione delle deleghe, piuttosto che recepirle in un ordine del giorno.
Ma torniamo al nodo dei licenziamenti disciplinari, in base al vigente articolo 18, comma 5, se sono considerati illegittimi, scatta la reintegra in due casi: quando il fatto non sussiste (ad esempio l’accusa di aver rubato si dimostra infondata) o quando nei contratti collettivi nazionali la fattispecie è punita con una sanzione conservativa (per esempio, si fuma in uno stabilimento dove è vietato, e secondo il contratto nazionale si può essere sanzionati al massimo con un giorno di sospensione).
Il punto più critico sono proprio i contratti nazionali, che «molto spesso sono scritti in modo generico e sempre interpretabile da parte del giudice», sottolinea Michele Tiraboschi, professore di diritto del lavoro a Modena e Reggio. Il ccnl dei dipendenti delle cooperative e dei consorzi agricoli, per esempio – evidenzia un monitoraggio Adapt – ammette il caso di «gravi offese verso i compagni di lavoro» come ipotesi di licenziamento per giusta causa. Ma i concetti di “offesa” e di “gravità” sono piuttosto generici. Anche il ccnl del settore tessile, abbigliamento e moda, parla sommariamente, sempre come ipotesi di licenziamento disciplinare, di «litigi di particolare gravità» e, addirittura, il ccnl del commercio sotto i 50 dipendenti si limita alla genericissima frase «mancanze gravi». La situazione è poco chiara anche laddove si tenta di individuare casistiche punite con sanzioni conservative: nel ccnl dei metalmeccanici può scattare una multa o una sospensione dal lavoro se si compie una «lieve insubordinazione nei confronti dei superiori». Anche qui il “lieve” è un concetto interpretabile.
A ben vedere si tratta quindi di locuzioni che lasciano spazi interpretativi molto ampi ai magistrati. Per questo è importante che il legislatore, nel modificare l’articolo 18, comma 5, dello Statuto dei lavoratori «chiarisca espressamente come ci sia la reintegra solo nei casi in cui i ccnl indichino chiaramente le infrazioni disciplinari per le quali è prevista una sanzione conservativa», spiega Arturo Maresca, professore di diritto del lavoro alla Sapienza di Roma. Così se una assenza ingiustificata di tre giorni è punita con una sospensione dal lavoro, il datore non potrà licenziare. E se lo fa, ingiustamente, è punito con la tutela reale. Più complesso, secondo Maresca, è ipotizzare un intervento del legislatore finalizzato a superare le attuali incertezze in ordine alla definizione di insussistenza del fatto (il secondo caso di reintegro attualmente previsto per i licenziamenti disciplinari). Bisognerebbe evitare ogni valutazione discrezionale da parte del giudice nell’individuazione dei presupposti per stabilire quale sia la sanzione applicabile (la reintegra o l’indennità). In pratica, evidenzia Maresca, «il magistrato dovrebbe limitarsi ad accertare la mera condotta materiale, la sua imputabilità ed eventualmente il dolo se assume rilievo con riferimento al fatto oggetto di contestazione (ad esempio il danneggiamento degli strumenti di lavoro), senza però esercitare alcuna discrezionalità nell’applicazione della sanzione». Mentre oggi i giudici valutano la proporzionalità tra sanzione e infrazione non solo – com’è corretto – quando devono accertare la sussistenza della giusta causa di licenziamento, ma anche quando stabiliscono se reintegrare o solo indennizzare il lavoratore ingiustamente licenziato.

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Gianluca Pace