Liste pulite, elezioni, Regione Lombardia, fine del mondo: la rassegna stampa
ROMA – Scontro finale sulle liste pulite. Il Corriere della Sera: “Caos e litigi. Gli ultimi giorni di legislatura vedono il fallimento al Senato del decreto liste pulite e violenti dissidi alla Camera tra i partiti sulla norma che riduce il numero di firme necessarie per le liste elettorali. Ma è scontro anche tra i leader: Berlusconi e Bersani criticano Monti.”
Su incandidabilità e firme. Scoppia il caos in Parlamento. L’articolo a firma di Giovanna Cavalli:
“L’emendamento che ha scatenato la bagarre in Aula è stato il cosiddetto «salva La Russa» che — con il parere favorevole del Comitato dei Nove della commissione Affari costituzionali — esentava dalla raccolta delle sottoscrizioni i gruppi che si fossero costituiti entro il 20 dicembre, ovvero ieri. Data di nascita, appunto, del movimento Centrodestra nazionale di Ignazio La Russa a Palazzo Madama. «I regali li porta Babbo Natale, non il Parlamento» dichiarava indignato Gianclaudio Bressa dei democratici. Il Pd perciò si è buttato sull’ostruzionismo. «O il testo resta così, o lo facciamo decadere» riassumeva Michele Ventura. Anche il fondatore di Cn peraltro parlava di «legge truffa», così com’è ora. Minacciando, dovesse passare, di farla saltare poi in Senato. Comprensibile perciò il timore del ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, per la sorte del decreto: «C’è uno stallo preoccupante, l’auspicio è che i partiti facciano un passo avanti o uno indietro». Più sereno il collega Piero Giarda, per i Rapporti con il Parlamento: «C’è la certezza di convertirlo, possiamo anche diminuire il numero di firme del 99%, purché si proceda». La soluzione che metterebbe forse tutti d’accordo è una riduzione del numero delle firme pari almeno al 75%, ma niente esoneri «speciali», solo quelli già effettivi.”
L’assalto dei partiti e i ministri in trincea. L’articolo a firma Dino Martirano:
“I deputati hanno l’aria di passeggeri intrappolati su una nave in quarantena. Sanno che è finita ma devono restare al chiodo per questo decreto che ora passa in coda alla legge di Stabilità. In Aula parla anche Domenico Scilipoti (Movimento di responsabilità nazionale) che si lascia andare a un commiato: «Ho appreso molto da molti di voi. Però ora aprite al popolo, date la possibilità a chi vuole presentare le sue liste di farlo senza raccogliere le firme». In realtà, e lo spiega bene Gianclaudio Bressa del Pd che dirige l’ultima manovra parlamentare su delega di Bersani, qui si vuole consumare uno strappo per favorire il neonato partito di Ignazio La Russa creando un precedente: «Questi decreti — compreso quello di Prodi del 2008 che fissava l’esenzione di raccogliere le firme anche per i minigruppi di due deputati — hanno sempre fotografato la situazione esistente in Parlamento al momento della pubblicazione in Gazzetta del decreto. Ora, invece, si pretende di spostare in avanti nel tempo quella fotografia, alla data di oggi (ieri, ndr), per far rientrare tra gli avvantaggiati anche il neonato gruppo del centrodestra nazionale di La Russa…». E per giunta nessuno sa come si sbroglierà una matassa che avvolge anche il voto per corrispondenza dei militari in missione all’estero. Il decreto è in vigore ma in caso di mancata conversione sarebbe concreto il rischio che chi perde chieda l’annullamento delle elezioni.”
«Per le riforme siamo solo all’inizio» L’articolo a firma di Raffaella Polato:
“Possono essere le parole particolari di una giornata particolare, insomma. E però. Fuori dai cancelli, guidati da Maurizio Landini, una cinquantina di militanti Fiom e Cobas boccia tutto — l’investimento del Lingotto, la visita del premier — riducendolo a «pura propaganda elettorale». Dentro, ai lavoratori della Sata, non pare proprio. Non a giudicare da come seguono Monti, il suo excursus sulla storia della fabbrica come metafora continua dell’Italia che ha in mente. E dunque «qui, dove nel ’93 è nata la Punto, oggi nasce quello che definirei “punto e a capo”». Nel senso che «la svolta» decisa da Marchionne-Elkann, che «ringrazio per la scommessa sull’Italia e il senso di responsabilità verso il Paese», non segna solo «una ripartenza nei rapporti Fiat-Italia». Intanto, è «un avvicinamento» cruciale, anche per altri possibili investitori, «in un momento in cui molti stavano perdendo fiducia». E poi: sì, è vero, «qui, da Melfi, Basilicata, Mezzogiorno», parte una sfida difficile, «un’operazione che lo stesso Marchionne ha definito “non per deboli di cuore”». Però: «Noi sappiamo che l’Italia, di cuore, è forte». Servirà. Servirà perché, lo sappiamo tutti, i sacrifici non sono finiti. Il Professore non dice — apertamente — una sola parola su elezioni, liste, partiti. Meno ancora sul modo che sceglierà per candidarsi alla guida del Paese. L’«agenda Monti» però quella è. Dunque avverte: «L’azione di questo governo è terminata, quella di governo è solo all’inizio. Sarebbe davvero irresponsabile dissipare i sacrifici fatti, e che potrebbero essere prontamente spazzati via se si cedesse a una prospettiva: cercare di ottenere il consenso degli italiani nel breve periodo e farli ripiombare in uno stato leggermente nirvanico e lontano dalla realtà». Nessun riferimento (politico) è ovviamente casuale. E ancora una volta soccorre il paragone Fiat (tra l’altro: «Sorprendendo molti, al governo non ha mai chiesto niente»). Ricorda Monti, ai lavoratori di Melfi e con battuta a Marchionne: «Il linguaggio della verità nel vostro gruppo non manca, pronunciato a volte con asprezza. Ma ha consentito la svolta, ed è lo stesso che serve al Paese. Qui, oggi, si sta lanciando una sfida importantissima per l’Italia e la sua capacità di stare nella cabina di regia europea. Si parla di futuro, ed è quello che dovremmo fare tutti». Tradotto: «La febbre era alta, non bastava un’aspirina». Non basta ancora adesso, per cui: «Tutti dovremmo essere uniti dal filo delle riforme da fare, non dal rifiuto del cambiamento e dalla catena che inchioda il Paese a un passato che non tornerà, arroccati a forme di tutela dei lavoratori che nel tempo hanno effetti opposti». Fuori, le bandiere rosse di Fiom e Cobas sventolano malinconiche. Dentro (sorpresa?) scatta un altro applauso.”
«Monti? No a partiti creati su una persona». L’articolo a firma di Maria Teresa Meli:
“Forse peccano di un eccesso di ottimismo, perché poi, a sentire i ragionamenti di Stefano Fassina e Matteo Orfini la lettura è diversa. Osserva il responsabile economico: «Il premier si presenta come nostro competitore e noi competeremo. Certo — aggiunge ironico Fassina — Monti, Montezemolo, Passera e Marchionne richiamano alla mente antichi testi sul “governo, comitato d’affari della borghesia. Ma sarà colpa nostra che siamo prigionieri delle vecchie ideologie…». E Orfini sottolinea: «Con Monti si rimane nelle incertezze e nelle ambiguità del presente: è in atto un tentativo di condizionare Bersani che nei sondaggi stava andando alla grande». Il segretario, però, non può concedersi il lusso di andare a testa bassa contro il presidente del Consiglio. E’ difficile per tutto il Pd, come spiega Veltroni: «Berlusconi farà tutta la sua campagna contro Monti e noi invece dobbiamo farla in positivo, proponendoci come la soluzione dei problemi del Paese».”
Berlusconi: il premier candidato? Sarà un piccolo protagonista. L’articolo a firma di Lorenzo Fuccaro:
“Berlusconi invita di nuovo al voto utile. «Il grande centro — osserva — è un alleato occulto della sinistra, non potrà mai avere i voti per governare, tanto vale per un elettore votare la sinistra». Ne consegue, rimarca, che «con i moderati divisi, questi partitini si offriranno alla sinistra per potere partecipare al pranzo». Insiste ancora: «Questi partiti del centro, corteggiando Monti, dimostrano sempre di più come si assottiglia la loro consistenza. Quindi invito gli elettori a non disperdere il loro voto su di loro che rispecchiano solo gli interessi dei loro piccolissimi leader e fanno vincere la sinistra». Il senso del suo attivismo lo spiega con la necessità «non di conquistare nuovi consensi, ma di riuscire a parlare con gli elettori che ci diedero il 40% nel 2008. Se mi sentiranno, penso non abbiano difficoltà a darmi fiducia». E in serata rinnova l’appello a molti dei suoi ex ministri riuniti a cena a casa di Gianfranco Rotondi.”
Primo «sì» alla stabilità, frenata sul poker. L’articolo a firma di Mario Sensini:
“Il governo mantiene qualche riserva sulla nuova Autorità sui conti pubblici, che la Camera e ora anche il Senato vorrebbero fosse composta da tre membri, ma ha accettato tale formulazione pur di incassare la legge, fondamentale perché dà attuazione concreta non solo al nuovo principio della Costituzione, ma anche agli impegni presi dall’Italia in Europa con il «Fiscal compact» l’accordo sulla disciplina di bilancio. È una soluzione solo parziale anche quella individuata per risolvere il nodo delle nuove gare per i videopoker. Il governo prima ha chiesto ai relatori un emendamento per posticipare lo svolgimento delle gare, previste da un vecchio decreto, poi s’è reso conto che, così facendo, sarebbe venuto a mancare un incasso già previsto nel bilancio, e ha chiesto a due senatori, Cinzia Bonfrisco e Gilberto Pichetto, di sopprimere con un proprio emendamento la proroga, di fatto ripristinando le norme del vecchio decreto. Così è stato, ma di fronte alle proteste collettive per la nuova spinta sui giochi pubblici, il Tesoro si è detto assolutamente pronto a ripensarci. «Resta ferma l’esigenza di ulteriori valutazioni – fa sapere il ministero con una nota – che potrebbero portare alla abrogazione della previsione di questo nuovo gioco».”
Addio allo stage gratis in azienda. Compenso minimo a 400 euro (lordi). L’articolo a firma di Lorenzo Salvia:
“La novità è prevista dalla bozza delle linee guida sui tirocini che il ministero del Welfare ha definito la settimana scorsa e che due giorni fa è stata discussa dalla commissione Lavoro della Conferenza delle Regioni. Sarebbe una rivoluzione. Oggi non esiste uno «stipendio» minimo per gli stagisti. Non a livello nazionale almeno, anche se alcune Regioni hanno fissato un livello base valido solo nel loro territorio. Un primo passo era stato fatto con la riforma del mercato del lavoro approvata quest’estate: dice la legge Fornero che per gli stage va riconosciuta una «congrua indennità, anche in forma forfettaria, in relazione alla prestazione svolta». E aggiunge che la somma va fissata entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge con un documento che metta d’accordo governo e Regioni. I 180 giorni scadono alla fine di gennaio e l’intesa sulle linee guida sembra a buon punto. Il via libera da parte della Conferenza Stato-Regioni dovrebbe arrivare nella prima riunione dopo le feste, probabilmente il 24 gennaio. «L’impianto del documento va bene c’è solo qualche dettaglio da mettere a punto» dice Gianfranco Simoncini, assessore alle Attività produttive della Toscana e coordinatore della commissione Lavoro per la conferenza delle Regioni. Rispetto alla bozza iniziale un punto è già stato cambiato: non c’è più il limite massimo al rimborso mensile. La regola era stata pensata dai tecnici del ministero sempre con l’obiettivo di evitare un uso distorto dello stage che a volte può mascherare un contratto sottopagato. Ma è stata tolta per non mettere fuori legge quei tirocini più ricchi che pure ci sono: nel 5,3% dei casi, sempre secondo il sondaggio citato prima, l’indennità supera i 750 euro al mese.”
In fuga dalla fine o scettici felici. Il giorno dei Maya. L’articolo a firma di Giuseppe Sarcina:
“A ogni buon conto, nugoli di concittadini dell’uomo forte (e iper scientista) di Mosca, evidentemente abituati da almeno un paio di secoli a diffidare delle parole di vecchi e nuovi zar, si sono gettati sugli scaffali dei supermercati, stoccando acqua e viveri. Grazie dell’avviso, presidente Putin, ma se per caso avessero ragione i Maya? Oggi è il giorno: 21 dicembre 2012, fine del tredicesimo ciclo del Bak’tun. Il calendario e la storia del mondo si interrompono qui. Da mesi gli archeologi, gli studiosi più seri dell’antico popolo centramericano ridono per questa interpretazione così grossolanamente fuorviante. Ma intanto le guide turistiche e gli alberghi dello Yucatan, la penisola messicana punteggiata dalle piramidi maya, hanno fatto buoni guadagni. E da ieri, a Merida, capitale dello Yucatan, è stato acceso il «fuoco sacro» che arderà tutto il giorno in attesa di divorare questo pianeta fin qui fortunato e che comunque, fino a prova contraria, è il meglio in circolazione. Sorgono, però, alcuni problemi pratici. Che tipo di epilogo ci aspetta? È un problema: non ci sono precedenti cui richiamarsi (altrimenti non saremmo qui a parlarne), solo ipotesi, suggestioni. Dalla Bibbia ai bei filmoni catastrofici, tipo The day after. Un signore olandese, tal Pieter Frank van der Meer, ha puntato sul classico. Ha speso 13 mila euro per comprare una specie di sottomarino da 50 posti, lo ha piazzato nel giardino di casa, a Kootwijkerbroek, lo ha stipato di generi alimentari e ora se la gode osservando gli improvvidi, ma tolleranti vicini. Se non sarà il diluvio universale, o almeno uno tsunami gigante, potrebbe essere una bella pioggia di meteoriti oppure un bombardamento radioattivo o, perché no, un impazzimento degli amici pennuti, come in Uccelli di Hitchcock. Chi vuole forse fa ancora in tempo ad acquistare un bunker: i prezzi partono da 1.500 euro al metro quadro. Le notizie segnalano un certo movimento nel centro-nord: Piemonte, Toscana, Emilia Romagna, Friuli. Altrimenti restano sempre le zone franche. Ogni distruzione, per quanto epocale, prevede sempre un pugno di eletti, di sopravvissuti. È questione di onde, di influssi, di energia, di guru indiani, di alberi miracolosi. Ogni Paese ha il suo gatto e la sua volpe. In Serbia, il campo dei miracoli è sul Monte Rtanj; in Brasile ad Alto Paraiso, su una placca di quarzo; in Turchia a Sirince, luogo di culto mariano; in Italia possiamo schierare Cisternino, provincia di Brindisi, per merito del tempio fondato nel 1979 dal santone indiano Babaji.”
Sanremo è Sanremo. La Rai non sposta il Festival. L’articolo de La Stampa a firma di Maria Corbi:
“La decisione vola via twitter. Sanremo ci sarà e nelle date stabilite: dal 12 al 16 febbraio, «In bocca al lupo a tutti», cinquetta il direttore dell’Intrattenimento Giancarlo Leone. «W la Rai!», twitta invece Fabio Fazio. D’altronde una decisione diversa sarebbe stata complicata (vista soprattutto la questione della chiusura dei contratti degli ospiti) e pericolosa per le polemiche. C’era chi gridava all’allarme democratico (alcuni esponenti del Pdl avevano auspicato lo slittamento causa par condicio). Nei giorni scorsi, in una intervista a Domenica In, Fabio Fazio aveva spiegato che le polemiche sorgevano da due presunzioni, e cioè «che abbiamo invitato dei comici e che siano di sinistra». La Litizzetto aveva proposto di fare le «sanremarie» per decidere le date. La risposta della Rai è stata chiara e veloce e l’Italia canterà per prepararsi al voto. E invece delle solite facce da talk show con cravatta su Rai Uno vedremo la neomelodica Maria Nazionale e la neo-star Chiara. Ma soprattutto Luciana Litizzetto che difficilmente resisterà dal lanciare qualche frecciata politica. D’altronde Sanremo è Sanremo perché ogni anno qualche polemica rivitalizza il palco con buona pace delle melodie. I cantanti se ne faranno una ragione. Ieri la riunione del mercoledì (diventata un appuntamento fisso) che ha sciolto le riserve tra il direttore generale Luigi Gubitosi e Giancarlo Leone. A marzo ci sarebbe stato anche il problema della serata per Lucio Dalla da Bologna, il 4 marzo, il giorno del compleanno del cantautore.”
Anche Bossi jr e Rosi Mauro nelle spese pazze in Lombardia. L’articolo a firma di Paolo Colonnello:
“Nuovo regalo di Natale per i consiglieri della Regione Lombardia firmato dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo. Tra ieri sera e stamattina saranno 37 i nuovi inviti a comparire che verranno consegnati dalla Finanza ad altrettanti politici o ex politici in forza al Pirellone: 22 esponenti del Pdl e 15 della Lega. Tra i nomi più noti quello di Renzo Bossi e Rosi Mauro della Lega. Identico per tutti il reato ipotizzato: peculato. Ovvero, aver lucrato sui rimborsi spese non dovuti. Con queste nuove iscrizioni sul registro degli indagati, dopo i 22 di settimana scorsa, e i tre di ottobre, salgono dunque a 62 i consiglieri sotto inchiesta, eletti tra il 2005 e il 2010. Per ora tutti della maggioranza che ha governato in questi anni sotto la giunta Formigoni. La quasi totalità degli eletti nel centrodestra, rimangono infatti esclusi dall’inchiesta soltanto quattro consiglieri: l’ex ministro Mariastella Gelmini, passata in parlamento nel 2006; l’ex consigliera Viviana Beccalossi, Enzo Lucchini, che dalle carte risulta aver speso solo 5 euro per una raccomandata e l’ex assessore e vicepresidente del Consiglio Regionale Franco Nicoli Cristiani, arrestato però l’anno scorso per peculato. Ma non è ancora finita. Settimana prossima potrebbero partire altri provvedimenti questa volta relativi a consiglieri dell’opposizione. Polemico l’ormai dimissionario (nonché indagato per corruzione ma nell’inchiesta Maugeri) presidente Roberto Formigoni: «Primo giorno di campagna elettorale e sappiamo finalmente dove sta di casa la corruzione in Lombardia: sta tutta e solo nei consiglieri del Pdl… Mi chiedo cosa aspettino i compagni dell’opposizione a fare un gesto di minima responsabilità, cosa aspettino ad autodenunciarsi. A chi pensano di raccontare che i loro scontrini sono diversi da quelli della maggioranza? Confermo quanto già detto in questi giorni: chi realmente ha fatto un uso scorretto del denaro pubblico deve essere punito e escluso dalla candidatura».”