ROMA – Chi ha ucciso L’Unità? si chiede Franco Bechis su Libero ma tutto fa pensare che la risposta la sapesse già: chi ha messo la pietra tombale è stato il Pd, ma tante altre sono le cause:
La risposta, ha scritto Franco Bechis, si trova
“contenuta nelle 115 pagine di documenti sulla liquidazione della società editrice Nie appena depositate alla Camera di commercio di Roma: il Pd”.
A monte, avverte Franco Bechis, c’era una
“situazione finanziaria e di mercato giunta al limite: perdita di 20,5 milioni di euro nel 2013, mancanza di liquidità, 18.405 copie medie giornaliere vendute a giugno, scese a 16.600 copie nella prima quindicina di luglio, fine delle scorte di carta, un passivo di 32,9 milioni di euro a fronte del quale c’era un attivo ipotizzato di 10,4 milioni di euro”.
Qui i liquidatori, digiuni di editoria, imputano alla cattiva gestione il fatto che fossero diffuse 65 mila copie per venderne meno di 20 mila, trascurando il fatto che ciò corrisponde a una media di 2 copie diffuse ogni punto vendita in Italia. Certo, con scelte controverse quanto coraggiose gli amministratori dell’Unità avrebbero potuto adottare una tiratura di guerra, limitando la diffusione, ma vaglielo a spiegare ai compagni.
In ogni caso, ribadisce Franco Bechis, il Partito democratico ha posto anch’esso
“la sua firma sul de profundis de L’Unità. L’accusa viene nella relazione degli amministratori, che raccontano come il Pd abbia preso in giro il quotidiano promettendo cose mai avvenute. A metà 2013 il partito – allora guidato da Guglielmo Epifani – firmò con l’editrice del quotidiano il cosiddetto accordo “Pd Kiosk”, che prevedeva «un minimo garantito che il Pd si impegna a versare alla Nie pari a 2 milioni e 250 mila euro».
Il 16 luglio dello stesso anno però il consiglio di amministrazione della Nie informa che il Pd ci ha ripensato e che il contratto non ha avuto esecuzione: di quei soldi manco l’ombra.
Nell’ottobre successivo, dopo «innumerevoli riunioni con i vertici del partito stesso», si arriva all’ipotesi di trasformare quel contratto che ora viene ribattezzato “Pd live”. Il 4 novembre nel cda de L’Unità «viene discussa la rivisitazione del contratto Pd Live anche alla luce delle vicine primarie del Pd. Il contratto è così modificato con soddisfazione del Consiglio sull’operato dell’amministratore delegato». Ma non se ne fa nulla o quasi nemmeno questa volta.
Con Renzi la doccia fredda diventa gelida.
Scrivono gli amministratori: «Pur essendo stato lanciato in una conferenza stampa presso la sede nazionale del Pd nel luglio del 2014, il progetto Pd Live non è stato in seguito appoggiato dal partito stesso (…) Da mesi le iscrizioni al partito sono ferme, cosa che impedisce di fatto agli utenti di potersi abbonare alla piattaforma». Non è finita: il giorno in cui si è decisa la fine delle pubblicazioni dell’Unità – nell’assemblea del 31 luglio scorso – è stato il Pd a dare la spallata decisiva. I liquidatori proponevano un’iniezione di capitale di 1,6 milioni di euro per restare in edicola, in attesa di un compratore. I soci di maggioranza si sono detti disponibili a patto però che tutti facessero la loro parte.
A prendere la parola gelando ogni possibilità è stato un mini azionista, Eventi Italia srl, controllata dal Pd: «Dichiara di non potere assumere impegni in ordine al richiesto finanziamento».
Stesso pollice verso anche nei confronti della proposta di uno dei liquidatori: affittare subito il quotidiano all’Editoriale Novanta srl di Matteo Fagoper consentire di restare in edicola. Il Pd – attraverso Eventi Italia – dice di no, ed è la fine.
I liquidatori nominati sono due, e dopo nemmeno un mese litigano e fanno due proposte opposte. Concordano però su un punto: il quotidiano in questi anni è stato gestito assai male. «Ci si riferisce anzitutto alla gestione ed al controllo delle notizie pubblicate: si rilevano circa 120 contenziosi in essere, per una richiesta complessiva di 30 milioni di euro».
Poi si critica la gestione del ciclo delle vendite: «A giugno, a fronte di una vendita media giornaliera di 18.405 copie, risultano 65 mila copie stampate ogni giorno»”.
I liquidatori rivelano l’elenco dei creditori che bussa alla porta con ingiunzioni (ha transato però Concita De Gregorio, che ha incassato 120 mila euro), e divulgano una perizia sul valore della testata che oscilla fra 5 e 6 milioni di euro.
Infine rivelano le cinque proposte di affitto e acquisto della testata ricevute. C’era quella di Fago con Editoriale Novanta (valore massimo 12 milioni, con molti se e ma), quella di Daniela Santanchè e Paola Ferrari De Benedetti (valore massimo 10 milioni), quella del gruppo Pessina (valore massimo 4 milioni) e altre due senza prezzo: Treves editore ed M&C group, di Mirko Torchio e della sua fidanzata Charlotte”.