ROMA – Due pezzi di storia giornalistica, inconciliabili nel secolo breve, incrociano i loro destini nel nuovo millennio: la Guido Veneziani editore, erede dell’impero della stampa gossip del mitico Cino Del Duca, rileverà facendola risorgere L’Unità, il giornale fondato da Antonio Gramsci. Pettegolezzo e stampa scandalistica (Stop, Intimità, Vero, Miracoli), la cosiddetta “presse du coeur” negletta e disimpegnata, consentiranno al foglio annunciatore quotidiano della rivoluzione comunista di tornare in edicola (dopo che in 10 anni ha bruciato 54 milioni di euro dei contribuenti).
Allo storico momento dedica un bell’articolo Paola Severino Melograni sull’inserto culturale del Sole 24 Ore della domenica. Un ritratto di Cino del Duca, morto un attimo prima del ’68 dopo aver conquistato il mercato editoriale francese prima di quello italiano. Cuore e portafogli a sinistra.
Dunque, il lungo viaggio iniziato dal garibaldino Giosuè Del Duca in occasione dell’ultima battaglia di Digione del 1871 (combattuta agli ordini dell’ “Eroe dei Due Mondi”) si conclude, quasi 150 anni dopo, col recupero de «l’Unità», vessillo di una rivoluzione solo sognata e mai realizzatasi nel nostro Paese.
Piccolo, anzi piccolissimo commerciante di provincia, Giosuè – nato a Montedinove, in provincia di Ascoli Piceno – pagherà amaramente le sue convinzioni garibaldine con continui rovesci finanziari. Cosicché Pacifico (detto Cino), il maggiore e il più intelligente dei suoi quattro figli, dovrà lasciare gli studi, per cominciare a lavorare a soli 13 anni.
Cino, nato nel 1899, è però già uno straordinario imprenditore di se stesso: farà di tutto per mantenersi e aiutare la famiglia, girando le Marche come fattorino, piazzista di libri e soprattutto di romanzi popolari a dispense, fino a quando, compiuti i diciotto anni, non sarà costretto a partire per la Grande Guerra. Tornato decorato e assunto dalle Ferrovie, a causa della sua militanza socialista si guadagnerà un confino ad Agropoli (nel 1921) e un licenziamento – perché sovversivo – già nel 1923 […]
Nel ’38, dopo il fallimento della sua casa editrice italiana, Cino Del Duca si trasferisce in Francia, dove riesce a stampare e a diffondere i suoi giornali anche sotto il regime di Vichy, conducendo un doppio gioco pericolosissimo che gli varrà, a guerra finita, la Legion d’Onore, la Croce di Guerra e la Medaille de la Reconnaissance Française. La sua nuova impresa era stata battezzata «Les Editions Mondiales», e mondiale lo sarebbe diventata davvero: nel Dopoguerra, «Nous Deux» in Francia, come «Grand Hotel» in Italia, tireranno un milione e duecentomila copie ciascuna.
Nel 1956 il cuore socialista di Del Duca si getta in una nuova avventura, stavolta italiana: la creazione di un quotidiano di centro-sinistra. Nasce «il Giorno» – diretto da Gaetano Baldacci –, promosso con un altro marchigiano, Enrico Mattei. Ma la loro alleanza si romperà presto.
Il 19 settembre 1957, Del Duca – sganciatosi da «il Giorno» – acquista «Franc-Tireur», ex giornale clandestino nato nel ’41, e lo trasforma in «Paris-Journal», con un lancio in grande stile. Un “rital”, come vengono chiamati con disprezzo gli italiani in Francia, che penetra e sconvolge il mondo dell’informazione quotidiana. «Il miliardario con il cuore a sinistra, il Re della stampa rosa», s’impadronisce di una grande fetta della stampa quotidiana.
È il salto di qualità mai riuscito in Italia. Subito dopo, Del Duca diviene produttore cinematografico, lasciandoci alcuni tra i film più significativi della storia del cinema: L’Avventura di Antonioni, Il Bell’Antonio di Bolognini e Accattone di Pasolini […] (Paola Severino Melograni, Il Sole 24 Ore)