ROMA – “In Italia sarebbe stato più difficile fare carriera”, lo ripetono tutti, scienziati, ricercatori, professori, neo-laureati, tutti emigrati, espatriati all’estero in cerca di fortuna, come Marco Liviero, “scappato” da Padova e atterrato all’università di Birmingham dove insegna letteratura inglese:
“Io ero come Joele (Joele Leotta, il ragazzo italiano massacrato e ucciso in Inghilterra), un ragazzo normale – dichiara al Messaggero – Sono arrivato qui 20 anni fa, per tre ho lavorato in un piccolo supermercato. Ho studiato all’università di Padova, ho fatto l’Erasmus in Irlanda e ho vinto una borsa di studio all’università di Birmingham. Ho avuto la fortuna di fare qualche supplenza a Cheltenham e poi ho ottenuto la cattedra a Eton. Non ho nulla di speciale, ho solo sfruttato le opportunità che ti regala questo Paese”.
La morte violenta di Leotta ha alimentato le speculazioni su un’Inghilterra che starebbe cambiando pelle e le preoccupazioni dei genitori che hanno i figli sotto il Big Ben. Liviero si sente di rassicurare tutti: “Quello che è successo a Maidstone è scioccante, un evento che deve far riflettere tutta la Gran Bretagna. Ma spero non dia un’impressione sbagliata di questa nazione che è aperta e tollerante. Gli italiani che vengono qui hanno sicuramente qualcosa da imparare. Ci sono ottime occasioni di lavoro per chi ha voglia di rimboccarsi le maniche. Qui vige la meritocrazia. Proprio come a Eton. I ragazzi per entrare sostengono un esame. E non ci sono solo privilegiati. Perché uno su cinque viene finanziato da una borsa di studio. Tutti lavorano sodo. Non ci sono pregiudizi e la mentalità è molto liberal”.