ROMA – Marco Travaglio spiega in 5 punti perché il Fatto, di cui è direttore, ha pubblicato stralci del diario di Iris Berardi, che nel 2008, ancora minorenne partecipò alle “cene eleganti” di Berlusconi a Arcore. Il diario è agli atti dell’inchiesta Ruby ter. Nel diario, scrive Marco Travaglio, si parla
“dei festini di Arcore che lei chiama “orge” , con quell’accenno alla sodomia con Berlusconi (ma a parti rovesciate rispetto al rituale classico del Bunga-bunga, dall’attivo al passivo)”.
Coerentemente in titolo dell’articolo è bunga bunga scritto alla rovescia: “Agnub-agnuB”.
La pubblicazione del diario di Iris Berardi ha provocato la reazione di Berluscono che ha
“formalizzato, tramite i suoi legali, esposto all’autoritàgarante della privacy contro Il Fatto Quotidiano stante la ripetuta, indebita pubblicazione di atti del procedimento Ruby ter in totale spregio delle basilari norme a tutela e rispetto dei dati sensibili e personali”.
Nel suo editoriale, pubblicato dal Fatto domenica 5 luglio 2015, Marco Travaglio difende la sua scelta:
“Che c’entra la privacy con gli atti depositati in un processo che tra qualche mese squadernerà in Tribunale quel diario e tutto il resto, e vedrà sfilare decine di ragazze imputate insieme con Berlusconi per essere interrogate su quei fatti?
Segue, in cinque punti, la spiegazione di perché il diario è stato pubblicato:
1) Noi non abbiamo atteso lo scandalo Ruby e tutto l’indotto per capire e scrivere chi è Berlusconi. Per uno che si teneva in casa un mafioso (Vittorio Mangano), anzi due (Marcello Dell’Utri, ora sepolto vivo nel carcere di Parma a scontare una condanna per mafia), e ha una condanna per frode fiscal e varie prescrizioni per corruzione giudiziaria, falso in bilancio e altro ancora, qualunque altra cosa si scopra su di lui, per quanto grave, sarà sempre acqua fresca.
2) A casa propria ciascuno può fare ciò che vuole, con donne, uomini, animali, vegetali o minerali, almeno finché non commette reati [con animali è reato a prescindere dal luogo]. Se però è un pubblico ufficiale, è anche tenuto ai doveri costituzionali di “disciplina e onore”, ben al di là del Codice penale.
3) Abbiamo sempre scritto che l’aspetto pubblico più inquietante delle feste di Arcore, Palazzo Grazioli e Villa Certosa non è il numero, l’età e l’attività delle ragazze, ma la ricattabilità del padrone di casa. Chi, nel suo privato, fa cose che non potrà rivendicare in pubblico, sa che chi ne viene a conoscenza lo tiene in pugno: e può privarlo della sua libertà di azione. Se, puta caso, fra le Olgettine italiane e straniere di cui Berlusconi a stento conosceva il nome, si fosse infilata l’agente di un governo straniero, o fosse stata assoldata da un servizio segreto o da un’organizzazione terroristica o criminale per rivelare informazioni compromettenti sul premier italiano, quello che la stampa cortigiana chiama “gossip” sarebbe diventato un intrigo internazionale, con grave pericolo per la sicurezza del Paese e per l’incolumità di noi tutti.
4) Quando esplosero i primi scandali “sessuali”, Berlusconi aveva di fronte a sé due opzioni. O seguire il consiglio di Ferrara e dire “Io sono un vecchio libertino, non sto più con mia moglie, e gli anni che mi restano me li voglio godere con tutti i piaceri della carne; ma sono affari miei e voglio essere giudicato dal mio programma politico”; oppure negare tutto e spacciare i festini per “cene eleganti”. Siccome ha scelto la seconda, era naturale che la sua versione venisse passata alla macchina della verità dalla stampa e dall’opinione pubblica. Se in America esplose il caso Clinton-Lewinsky non fu perché il presidente avesse tradito la moglie, ma perché aveva giurato al Gran Giury di non aver mai avuto rapporti con la stagista: l’abito di Monica macchiato dal suo sperma fu la prova provata della sua bugia, e nessuno si sognò di invocare la privacy.
5) Il processo Ruby-1 non riguardava i gusti sessuali di Berlusconi., ma la prostituzione minorile della ragazza (sesso per soldi con minorenne: reato inasprito dal Governo Berlusconi) e la concussione del capo gabinetto della Questura di Milano Piero Ostuni per indurlo a violare la legge rilasciando la ragazza fermata per furto nelle mani della Minetti e di un’altra prostituta, anziché affidarla a una comunità come disposto dal pm minorile.
Quel processo, dopo la condanna in primo grado, s’è chiuso con l’assoluzione: non perché la Procura avesse scambiato per orge le cene eleganti; ma perché– secondo gli ultimi giudici – non è sufficientemente provato che Berlusconi fosse consapevole della minore età di Ruby e che Ostuni si sentisse coartato dalle telefonate di Berlusconi.Dal Ruby-1 però ne è germogliato un altro, il Ruby-3, quando si è scoperto che decine di testimoni hanno ricevuto per mesi, anni fiumi di denaro da Berlusconi, per un totale di almeno 10 milioni, oltre a case, gioielli e altri regali mentre erano in veste di testimoni, e cioè di pubblici ufficiali. Siccome lo scopo, secondo l’accusa (e il buon senso), è ottenere testimonianze compiacenti, l’accusa è corruzione giudiziaria del testimone. Qual è il movente, sempre secondo i pm, della corruzione giudiziaria? Le conoscenze che le ragazze hanno accumulato su quanto han visto e fatto chez Caimano: ciò che sanno, o hanno immortalato sugli smartphone, o appuntato nei loro diari, o scritto nei loro scambi di mail, sms, messaggi sui social, o detto in telefonate intercettate e a verbale.
Per questo il diario di Iris Berardi, che nel 2008 iniziò a frequentare Arcore da minorenne e poi mise nero su bianco ciò che avveniva, compreso un presunto rapporto sodomitico con Berlusconi, sarà un elemento centrale, insieme con molti altri, del processo: è la causale (una delle tante) dei versamenti. E la ragazza verrà sentita anche su quel particolare scabroso. Che, se fosse confermato, spiegherebbe meglio di ogni altro indizio perché le ragazze chiedevano e ottenevano soldi da Berlusconi ridotto a Bancomat collettivo.
Il giorno dell’udienza, a porte aperte davanti a giornalisti e telecamere di tutto il mondo, ciò che ora tutti i giornali tranne il Fatto nascondono sarà di dominio pubblico.Quindi, sul Bunga-bunga alla rovescia, ribaltiamo la domanda di certi “colleghi” di agenzie e giornali che si (e ci) domandano perché abbiamo pubblicato: perché voi l’avete censurato?”.