ROMA – “Famolo strano” è il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano di mercoledì 23 settembre.
Evviva evviva, c’è l’accordo sul Senato. Merito del lodo Tonini, anzi dello do Violante, pardòn del lodo Boschi, o meglio del lodo Finocchiaro, senza dimenticare il lodo Zanda, no! È il lodo Tatarella, che però è morto così diventa lodo Renzi, che invece è vivo. Siccome purtroppo nessuno di questi lodi è mai stato scritto nero su bianco, ma solo annunciato e tramandato di bocca in bocca secondo la tra-dizione orale (lodo Omero),non si capisce cos’abbiano da esultare gli strateghi renziani e i calabraghe della sinistra Pd,visto che nessun contraente conosce i termini del patto.Poi, se resta tempo, ci sarebbero gli elettori che vorrebbero sapere cosa ne sarà di loro il giorno delle elezioni.
Per tentare una risposta, non resta che interpellare gli aruspici. I quali, con l’ausilio delle viscere di civetta (gufi no, please) mescolate a zampe di gallina, previa disamina dei fondi di caffè e delle maree nelle notti di plenilunio, sono giunti alle seguenti conclusioni. Per mettere d’accordo le minoranze che vogliono il Senato eletto dal popolo e il trio Renzi-Boschi-Verdini che lo vuole nominato dai consigli regionali, cioè dalle segreterie dei partiti, i senatori saranno “designati” dagli elettori e “ratificati”dalle Regioni secondo le loro leggi elettorali (che sono 21:una per regione, più le province autonome di Trento e Bolzano).
Il modello è la legge “Tatarellum” per le elezioni regionali, che non esiste più: funzionò una sola volta, alle Regionali del 1995. Stabiliva l’elezione diretta dei presidenti, che però non era prevista dalla Costituzione, che però non s’era fatto in tempo a modificare; dunque la prima volta si procedette alla designazione dei governatori, poi ratificati dai consigli regionali. Oggi ne resta intatta la parte peggiore: i governatori si portano in Consiglio un pugno di fedelissimi che mai e poi mai verrebbero votati dai cittadini, infatti non sono eletti, ma stanno in un listino a parte ed entrano in Consiglio se il candidato governatore vince, se no ciccia. È la norma che ha promosso a consigliera regionale della Lombardia la nota igienista dentale Nicole Minetti nel listino di Formigoni, che ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma B. no (…)