
ROMA – “Il reato di negazionismo è follia” scrive Martino Cervo su Libero. In questi giorni, al Senato, è stato depositato in Commissione l’emendamento che introduce nel codice penale il reato di negazionismo. “Un pasticcio” secondo Cervo.
Tocca dire grazie anche a Beppe Grillo e ai 5 Stelle, se il disegno di legge numero 54, composto da un solo articolo, che di fatto introdurrebbe il reato di negazionismo, avrà un iter parlamentare «normale». Ci sono probabilmente rimasti male Giorgio Napolitano e Pietro Grasso, prima e seconda carica dello Stato. Il primo, celebrando il 70esimo del rastrellamento degli ebrei romani sotto il regime nazifascista, ieri mattina aveva lodato l’«esempio» del Parlamento italiano dopo il sì in commissione Giustizia del Senato, auspicando un rapido completamento dell’iter.
Quando 5 senatori (i grillini Maurizio Buccarella, Mario Giarrusso, Paola Taverna, Enrico Cappelletti e il Psi Enrico Buemi) hanno chiesto di far decidere tutta l’Aula, cambiando la natura dei lavori della commissione da deliberante a referente, Grasso ha parlato di «occasione perduta», avendo lui stesso impresso l’accele – razione dei lavori. Forse, invece, è un’occasione guadagnata per riflettere sull’opportunità di introdurre di fretta una cosa che assomiglia molto a un pasticcio. Non per una questione ideologica, ma pratica. La corale testimonianza di memoria celebrata ieri mostra che, grazie a Dio, l’Italia ha forti anticorpi contro il negazionismo, e che non può essere ridotta all’immagine di quattro signori a braccio teso a presidio della bara di un ex nazista.
Le leggi attuali (Mancino su tutte) permettono di perseguire chi «propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio : razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». Il punto è: negare il genocidio, la shoah, i crimini contro l’umanità, può diventare reato passibile di arresto? Non c’è il pericolo di istituire una «verità di Stato» che, oltre a complicare il lavoro degli storici, rischia con dei processi di trasformare in martiri sporadici dei cialtroni che diffondono idee impresentabili? Non solo sullo sterminio degli ebrei, ma sui gulag, sugli armeni, il libero dibattito non uscirebbe limitato? L’emendamento approvato in commissione prevede che l’articolo 414 del codice penale (che punisce l’istigazione a delinquere) sia esteso a «chiunque nega l’esisten – za di crimini di guerra o di genocidio o contro l’umanità».
La pena prevista al primo comma è la reclusione da uno a cinque anni. La dizione non è casuale: come si legge nel comunicato dei senatori proponenti, i tre tipi di crimini sono «definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale ». Il testo elenca tra i crimini di guerra: «cagionare volontariamente grandi sofferenze o gravi lesioni all’integrità fisica o alla salute; distruzione ed appropriazione di beni, non giustificate da necessità militari e compiute su larga scala illegalmente ed arbitrariamente; privare volontariamente un prigioniero di guerra o altra persona protetta del suo diritto ad un equo e regolare processo; deportazione, trasferimento o detenzione illegale».
Come dovrebbe valutare un pm che si trovasse approvata questa legge l’affermazione secondo cui l’intervento sovietico a Budapest nel 1956 ha contribuito a «salvare la pace nel mondo»? Dovrebbe procedere contro chi dicesse che Solzenicyn ha «finito per assumere un atteggiamento di “sfida” allo Stato sovietico e alle sue leggi », e che in forza di questo «la sua espulsione può essere considerata » un fatto «più o meno “positi – vo”, che «qualcuno può giudicare la “soluzione migliore”»? Sono due scritti di Giorgio Napolitano, rispettivamente del 1956 e del 1974, poi dolorosamente corrette. Sempre ieri, Piergiorgio Odifreddi, il matematico e firma di Repubblica protagonista di un recente scambio epistolare con Ratzinger, ha avuto un «incidente». Un anno fa il paragone tra l’esercito israeliano e le SS delle Ardeatine gli costò il blog sul sito del quotidiano. Commentando il caso Priebke, ieri ha scritto: «Sulle camere a gas “so”soltanto ciò che mi è stato fornito dal “ministero della propaganda” alleato». Polemiche. In un contesto libero, che gli ha fatto piovere in testa critiche anche pesanti. Ma senza reati, perché dargli del cretino in campo aperto è molto meglio che vederlo dentro.
