
ROMA – La pubblicitร digitale da sola – dice Martin Sorrell, ceo della Wpp, il maggior gruppo al mondo nel settore – non puรฒ sostenere i quotidiani online, meglio che gli editori pensino a come far pagare i contenuti, introducendo i paywall.
Sorrell – scrive Andrea Secchi di Italia Oggi – vede che gli investitori cominciano a rivalutare la propria spesa nelle inserzioni pubblicitarie, soprattutto su Google e Facebook. Perchรฉ, nonostante l’online sia piรน facilmente misurabile rispetto ai mezzi offline, in realtร non mancano i problemi. Per esempio il traffico non umano, quello dei cosiddetti bot, che vanno a incrementare le visualizzazioni delle campagne, in particolare dei video, e cosรฌ l’inserzionista paga senza che perรฒ la sua pubblicitร sia effettivamente vista da potenziali clienti.
Altro problema citato da Sorrell รจ il limite minimo di tempo oltre il quale un video pubblicitario si considera effettivamente visto e quindi ancora una volta da pagare: 3 secondi. In altre parole basta che il filmato stia sulla parte visibile dello schermo per qualche istante, anche senza audio, per essere considerato visto. ยซIl sistema di misurazione non รจ abbastanza dettagliato. I nostri clienti hanno pagato per video visualizzati che non erano tali. La barriera (il limite oltre il quale si paga la pubblicitร , ndr) non รจ alta abbastanza per i video online. Mentre รจ molto piรน alta per la tv, la stampa, la radio e l’outdoor. Probabilmente la gente ha investito troppo, e investito a un prezzo troppo alto. E molte persone che lavorano sul digitale sono preoccupate per questoยป.
Sorrell ha poi spiegato che la valutazione dell’efficacia di un investimento pubblicitario va ormai oltre il semplice tempo speso su un mezzo. Cosรฌ, lui che in passato sosteneva che i quotidiani raccoglievano piรน investimenti rispetto al tempo che effettivamente dedicavano loro i lettori, oggi sostiene che la variabile tempo non รจ tutto, che molto dipende dal coinvolgimento e la pubblicitร su un quotidiano รจ piรน coinvolgente di quella online.
Quella di Sorrell sui paywall รจ una posizione in realtร giร condivisa da molti editori internazionali e in Italia il Corriere della Sera si appresta ad avviare il proprio paywall entro l’anno: un certo numero di articoli gratuiti per utente (dovrebbero essere 20) poi a pagamento, come giร fa per esempio il New York Times che, partito da 20, attualmente offre 10 articoli gratuiti al mese. Anche nei piani del gruppo Espresso a inizio anno c’era l’introduzione di un paywall per Repubblica.it, probabilmente da attivare in concomitanza con il concorrente.
Non รจ una novitร che Sorrell prenda posizione su argomenti che portano dibattito nel settore. Un mese fa aveva attaccato Nielsen (oggi nell’occhio del ciclone in Italia per la vicenda Auditel), le cui misurazioni dei media tradizionali erano state bollate come ยซnรฉ efficaci, nรฉ accurateยป, con la conseguenza di sovrastimare l’online e sottostimare la tv.
