ROMA – “Umano, (pur)troppo umano”, scrive Massimo Gramellini sulla Stampa nella sua rubrica ‘Buongiorno’ riguardo la tragedia di Cevo, dove ha perso la vita un ragazzo di 21 anni.
“La suggestione è devastante, lo riconosco. Una croce di trenta metri con appeso un Cristo di sei quintali che si spezza e precipita su un giovane credente. Ma non un giovane credente qualsiasi: un disabile che proprio a causa dei problemi di mobilità non riesce a mettersi in salvo. E nemmeno una croce e un Cristo qualsiasi, ma un’opera d’arte scolpita in onore di Giovanni Paolo II, il papa che nei prossimi giorni diventerà santo.
In chi non è sorretto da una fede a prova di lutto, la prima reazione oscilla tra il nichilista e il dissacratorio. Qualcuno vi ha trovato l’ennesima conferma che la vita è un gioco assurdo e a volte blasfemo, dove nulla ha un senso e il caso si diverte a perseguitare i più deboli, utilizzando simboli di pace come strumenti di morte. Qualcun altro, tramortito e avvelenato dall’inquietante coincidenza, vi ha letto un messaggio sovrannaturale e oltremodo cruento di contrarietà per l’imminente cerimonia di beatificazione.
Di fronte all’insolubilità del mistero potrebbe essere d’aiuto riportare lo sguardo sulla terra e fissarlo su quella croce spezzata, anzi sulle corde logore che la sorreggevano e all’improvviso, pur in assenza di vento, non l’hanno sorretta più. Ci raccontano una storia tristemente nota ai frequentatori del patrimonio culturale italiota. Una storia fatta di incuria, manutenzione approssimativa, segnali di pericolo disattesi. La solita mediocre tragicommedia per cui non è proprio il caso di tirare in ballo un dio o il destino, essendo più che sufficiente l’uomo per metterla in scena.”