ROMA – Massimo Gramellini dedica oggi, 21 novembre, il suo articolo per la rubrica Buongiorno sulle pagine della Stampa, a quanto scritto, in un cartello, dal Comune di Roma.
Ha destato qualche scalpore il cartello apparso nei giorni scorsi in un ufficio del Comune di Roma e poi inspiegabilmente rimosso per ordine di un assessore. «Il pubblico si riceve nei giorni di martedì e venerdì dalle 10 alle 12, previo appuntamento telefonico. L’altri giorni dobbiamo lavorare. Si prega di non essere insistenti, altrimenti ci vedremo costretti, anche se contrario alla nostra educazione, a prendervi a parolacce ed insulti». Lo scalpore, naturalmente, è tutto per quelle quattro generose ore di apertura alla settimana, indicate con inusitata chiarezza all’inizio dell’avviso. La frase successiva – «L’altri giorni dobbiamo lavorare» – parrebbe invece la conferma di qualcosa che si sapeva già, e cioè che il dialogo con i contribuenti non è un lavoro, ma una gentile concessione, e che per ottenere un impiego pubblico la rivisitazione dialettale della lingua italiana non è obbligatoria però certamente aiuta.
Quanto alla promessa dei dipendenti comunali di seppellire i postulanti sotto un profluvio di contumelie, essa rientra nel quadro di un nuovo rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione, improntato a trasparenza e informalità (…)