Matteo Renzi e gli ultras: “Sguardo smarrito”, “catatonico”. Padellaro sul Fatto

Matteo Renzi e gli ultras: “Sguardo smarrito”, “catatonico”. Padellaro sul Fatto

ROMA – “Lo sguardo smarrito di Matteo Renzi faceva male al cuore” ed era il simbolo dei “rappresentati del cosiddetto Stato” presenti sabato sera in tribuna d’onore allo stadio Olimpico di Roma dove si doveva giocare Fiorentina-Napoli “in versione catatonica”.

Antonio Padellaro, direttore del Fatto, scrolla via la retorica che in questi giorni ci ha pervaso, spruzzata come acqua santa da Giorgio Napolitano a Matteo Renzi e giù giù fino all’ultimo politico di provincia.
Antonio Padellaro il senso dello Stato ce l’ha nel sangue, essendo figlio di un altissimo funzionario della Presidenza del Consiglio quando lo Stato non era stato ancora sgretolato, almeno nelle sue forme esteriori. Ma Antonio Padellaro va oltre la retorica e le apparenze:

“In Italia, ciò che chiamiamo Stato ha sempre trattato con tutti i peggiori delinquenti. Con i tagliagole qaedisti per liberare a suon di milioni giornalisti e turisti caduti in trappola. Ai tempi della Dc con i terroristi domestici per il rilascio dell’assessore campano Ciro Cirillo. Mentre sulla trattativa tra gli uomini delle istituzioni e i vertici mafiosi è in corso a Palermo un processo che dovrà accertare le responsabilità penali di fatti storici assodati. Questo per tralasciare gli inciuci sotterranei con camorra, ‘ndrangheta e altri poteri criminali”.

Per quale motivo allora, si interroga Antonio Padellaro,

lo Stato che tentò di accordarsi con Totò Riina doveva rifiutare l’intesa con Genny ‘a carogna? Certo, tra le due vicende non c’è partita, ma questo oggi passa il convento. Perciò i reiterati tentativi da parte di ministri, questori, prefetti pervicacemente impegnati a negare l’ovvio appaiono ancora più patetici visto che il negoziato pallonaro è stato seguito in diretta televisiva”.

Ancora più ridicola la trombonata secondo cui lo Stato non tratta con gli ultras delle curve quando sabato sera allo stadio Olimpico è apparso a tutti chiaro chi aveva il coltello dalla parte del manico. Certo, non la tribuna autorità, dove abbiamo visto i rappresentati del cosiddetto Stato o in versione catatonica (lo sguardo smarrito di Matteo Renzi faceva male al cuore) o comportarsi da formiche impazzite che correvano qua e là non sapendo a chi diavolo affidarsi.

Era lo Stato quello o una congrega di dignitari, boss del calcio e membri di confraternite varie, tutti vogliosi di lavarsene le mani e di vedersi in santa pace la partita? Forse si deve allora alla clemenza del Carogna, che avrebbe potuto benissimo dire: io con questo Stato non ci tratto, se la curva napoletana, compatta come falange catafratta, a un suo cenno abbia deposto le armi, intese in senso stretto dopo la pioggia di razzi che aveva accolto la delegazione guidata dal povero Hamsik.

Ciò detto, quello dell’Alfano elettorale che minaccia l’adozione di Daspo vitalizi, che solo giovano al carisma dei carogna, sembra il classico ruggito del coniglio. Come fu con la demenziale norma sulla discriminazione territoriale che ha dato agli ultrà un enorme potere di ricatto: far chiudere una curva e magari uno stadio intero con un coretto scemo.

Published by
FIlippo Limoncelli