ROMA – I vertici delle forze dell’ordine sono preoccupati per ciò che sta accadendo in Italia con la cosiddetta protesta dei forconi. Carabinieri, polizia e perfino i servizi segreti sono in allarme per le possibili infiltrazioni del movimento, che pur non avendo leader chiaramente identificabili, né un’organizzazione o una precisa piattaforma rivendicativa, starebbe riscuotendo successi in tutta la penisola.
Scrive Maurizio Belpietro su Libero:
A far rizzare le antenne agli investigatori sarebbe stato in particolare quanto successo a Torino lunedì pomeriggio, quando ai pacifici manifestanti provenienti dal mondo del lavoro e dell’impresa si sarebbero uniti anche i militanti dei centri sociali e della tifoseria più estrema, gente spesso più intenzionata a menar le mani e provocare incidenti che a ragionare. Insomma, i responsabili dell’ordine pubblico hanno il timore che la protesta sfugga di mano a chi l’ha organizzata e sfoci in qualche cosa di imprevisto. Del resto, che ci sia qualcuno che soffia sul fuoco
non è una scoperta, in particolare tra Piemonte e Liguria, dove non solo lunedì si sono registrate le iniziative più estreme (le molotov, il tentativo di irruzione nel palazzo della regione, l’occupazione della stazione), ma sono anche zone dove il movimento antagonista e quello anarchico hanno già dato segni preoccupanti come gli attentati in Val di Susa o l’agguato a un dirigente dell’Ansaldo. A questi motivi di allerta se ne aggiungono altri, che non riguardano i No Tav e il loro mondo, ma i movimenti di estrema destra, gruppi che fanno temere una saldatura tra chi protesta e gli emuli italiani di Alba dorata, partito nazionalista che in Grecia grazie alla crisi economica è cresciuto al punto da conquistare una ventina di deputati, ma il cui leader è finito in galera con l’accusa di omicidio. La chiusura delle aziende, la disoccupazione, la sfiducia nei confronti delle istituzioni e il forte sentimento anticasta potrebbero in pratica ingrossare le fila dei contestatori e quello che per ora sembra un movimento disorganizzato, di piccoli imprenditori, artigiani, autotrasportatori e agricoltori potrebbe diventare presto qualcos’al – tro, forse più serio, forse addirittura più pericoloso. Eccessi di prudenza di chi ha il compito di vigilare sull’ordine pubblico? Può darsi.
Sta di fatto che se si vogliono evitare tensioni e rischi, a nostro parere c’è una sola via e non passa dalla repressione del fenomeno. Mettere più poliziotti a guardia dei punti nevralgici di una città o presidiare gli svincoli delle principali arterie stradali per impedire blocchi alla circolazione consente di fronteggiare temporaneamente il problema, ma non di risolverlo. Già, perché la protesta dei forconi non è – o per lo meno non è solo – una questione di sicurezza, da risolvere mandando il reparto celere, ma è una questione di malcontento e questa non la si affronta con gli agenti in assetto anti sommossa, bensì intervenendo sui fattori che generano l’insoddisfazione.
Chi ha deciso di mettere una tenda di fianco ai caselli dell’autostrada, lasciando la cascina, i campi e le mucche da mungere, e chi ha rinunciato a giornate di lavoro alla guida del proprio camion pur di sfilare in corteo, non è un contestatore di professione, né un perditempo. È semplicemente un artigiano o un lavoratore che non ce la fa più e chiede che il sistema cambi. Dicevamo che non esiste una piattaforma unica del movimento. Ogni manifestante ha le sue ragioni (…)