Mirella Serri al Fatto Quotidiano: “L’utile insulto che non passa mai di moda”

L’intervista al Fatto Quotidiano

ROMA – “Fascista è l’utile insulto che non passa mai di moda” dice Mirella Serri, intervistata dal Fatto Quotidiano, analizzando l’intervista di Daria Bignardi ad Alessandro Di Battista:

Daria Bignardi ha chiesto a Di Battista se fosse imbarazzato dal padre, fascista dichiarato.

Sinceramente, non colgo il valore di connotare le preferenze politiche di un familiare durante un’intervista televisiva. Come dire che le colpe non ricadono sui figli, se di colpa si tratta. Questo è il primo punto: sarebbe ora di ragionare con calma sul periodo fascista, sull’adesione di massa a una cultura che non fu un evento sporadico ma un’importante fase della storia italiana. Bisogna conoscere la complessità del fenomeno per capire fatti apparentemente anomali.

Tipo?

Beh, gli scritti di Pietro Ingrao sul Duce, che piacevano molto ai missini. La modernità del fascismo ha sedotto molti intellettuali poi passati alla sinistra. Diciamoci la verità: in ogni famiglia italiana c’era uno zio che tifava per Benito e l’altro per Stalin. Se tutti dovessimo rispondere delle idee per via parentale saremmo rovinati.

Berlusconi, per offendere, dice comunista. Quasi tutti gli altri dicono fascista.

Appunto. É uno scredita-mento preventivo dell’avversario. Così non si perde tempo a contrastare le opinioni, né a denunciare i comportamenti.

Fascista è l’insulto perfetto?

É il più furbo, perchè se io dico fascista a te significa che io sono libertario, democratico, giusto, e invece tu un violento privo di rispetto. In pratica ti metto in pessima luce e intanto mi salvo l’anima. In effetti, ultimamente è molto in voga. Ricordo che anche Renzi, quando sfidò Bersani alle primarie, fu bollato così, perchè insidiava il ruolo del capo storico. Del resto, la sinistra non è esente dal dileggio a uso interno: Togliatti amava storpiare i nomi dei suoi avversari politici, e i suoi seguaci davano dell’emigrante a Salvemini, espatriato negli Stati Uniti per un certo periodo.

La Bignardi, per la sua domanda sul papà fascista, ha ricevuto in cambio un quesito sul suocero, condannato per omicidio (rosso).

Se è ridicolo invocare i gusti politici dei padri, figuriamoci dei suoceri.

Si può stabilire se sia percepito come più offensivo, oggi, l’accostamento di un personaggio pubblico al fascismo o al terrorismo?

Non credo esista una scala dell’insulto storico-politico. Un tempo Rossana Rossanda parlava dei “compagni che sbagliano”, e la sensazione di un giudizio morbido c’era. Di certo l’accezione negativa di “fascista” è rimasta forte, netta, profonda.

Non è solo un peccato di superficialità.

No. É un insulto preciso che periodicamente riprende forza. Ogni tanto s’inabissa, scompare dal linguaggio corrente. Poi, puntualmente, torna utile.

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Gianluca Pace