ROMA – “In volata, Diego Della Valle – scrivono Stefano Feltri e Carlo Tecce – batte il gruppo di imprenditori (non gregari) che lo sostiene in questa collisione con il governo di Matteo Renzi”.
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Perchรฉ piรน fumantino e piรน loquace. Ma il gruppo che pedala dietro, senza rischiare esposizioni, รจ sempre piรน variegato e sempre piรน compatto. Il socio (e amico) Luca Cordero di Montezemolo รจ dโaccordo con la strategia di mister Todโs, che vuole smuovere lโex pupillo di Firenze, giudicato trasformato dallโincarico di palazzo Chigi e, soprattutto, passato da rottamatore a riesumatore di Silvio Berlusconi e di una antica maniera di fare politica industriale che ha deluso la coppia Lcdm&Ddv.
ACCANTO ai fondatori della compagnia ferroviaria Ntv, quella dei treni Italo, si muove lโusurata comitiva di Alitalia, i patrioti che hanno riaffossato lโex compagnia di bandiera: la famiglia Benetton , Roberto Colaninno, le banche Unicredit e Intesa San Paolo. Il timore รจ che il renzismo possa macchiarsi di una mutilazione nel settore trasporti: Italo ha oltre 6 milioni di passeggeri ma sconta 77 milioni di perdite nellโultimo esercizio e cosรฌ tanti debiti che ora รจ costretto a rinegoziarli con le banche; Alitalia non รจ ancora riuscita a ratificare lโaccordo con gli arabi di Etihad, sempre piรน sofferto. Quando lโallora sindaco di Firenze ancora non aveva formato il governo, Montezemolo gli organizzรฒ un incontro romano con lo sceicco Khaldoon al Mubarak che gestisce un fondo gonfio di petrodollari degli Emirati e accelerรฒ la trattativa per Alitalia-Etihad.
Ancora tre mesi fa, il presidente della Ferrari rinnovรฒ quellโin โ tesa, che include anche investimenti per lโaeroporto di Fiumicino (gestito da Atlantia, dunque dai Benetton). La via araba fu intrapresa da Enrico Letta, poi Renzi non lโha smantellata, perรฒ, fanno notare gli imprenditori italiani, il governo non รจ mai riuscito a far sedere di fronte i vecchi e i (promessi) nuovi azionisti di Alitalia, tutti insieme per un negoziato aperto. Cosรฌ si innescano gli ultimatum epistolari a ripetizione di questi giorni, dovuti soprattutto allโincertezza sulle condizioni della vecchia Alitalia. I soci โ su tutti le banche Intesa e Unicredit โsono molto restii a bruciare altri milioni in una azienda decotta, ma gli arabi vogliono essere sicuri che i loro compagni nella nuova Alitalia non falliscano da un giorno allโaltro. Renzi si รจ limitato a fare da sponda a Francesco Caio, lโamministratore delegato delle Poste, che si rifiuta di buttare soldi pubblici nella bad company , dopo che sono svaniti i 75 milioni impegnati dal suo predecessore Massimo Sarmi. Ma di una certa mancanza di regia complessiva si lamentano gli azionisti piรน interessati, come i Benetton, Colaninno, Intesa San Paolo e Unicredit. Il mondo montezemoliano vede un nesso tra la vicenda Alitalia e i destini incerti di Ntv. Rotaie e rotte aeree sono legate: il fallimento del piano Fenice e dellโAlitalia di marca berlusconiana รจ dovuto allโavanzata del Freccia Rossa che ha azzerato il valore del monopolio concesso al vettore aereo sulla tratta Roma- Milano.
Ma il governo Renzi sembra poco interessato ai binari: il premier ha spostato Mauro Moretti a Finmeccanica e ha poi avallato la totale continuitร nelle Ferrovie, con la promozione del delfino Miche โ le Elia. Nessun equilibrio cambia, anche il nuovo amministratore delegato di Grandi Stazioni (in via di privatizzazione) rispecchia rapporti di forza dellโera Moretti: รจ Paolo Gallo, giร ad della romana Acea, che gode della stima di Franco Caltagirone , azionista di Grandi Stazioni. Le speranze di un nuovo corso renziano per i soci di Ntv sono poi state distrutte da un provvedimento del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi: una riduzione dei sussidi allโenergia al settore ferroviario che doveva colpire le Fs, ma che per le contorsioni della burocrazia รจ una mazzata da 20 milioni di euro per i privati, cioรจ Ntv. LโAuto โ ritร dei Trasporti, concepita da Letta, anche nellโera del renzismo รจ rimasta molto prudente: giusto qualche richiamo alle Ferrovie di Stato e poco altro. Della Valle e compagni la vedono soltanto come una fonte di sprechi a cominciare dalla bizzarra scelta di trasferire la sede da Roma a Torino (contento รจ solo il sindaco renziano Piero Fassino): tre componenti, incluso il presidente, quattro consulenti, un contributo di quattro milioni di euro pubblici.
QUESTO GRUPPO capitato da Della Valle, che rimanda a settembre gli estremi giudizi su Renzi, impantanato in riforme costituzionali che non interessano, a suo dire, agli italiani, forma un circolo parallelo a una Confindustria tramortita dallโassenza di dialogo con la politica ridotta allโirrilevanza. Il Sole 24 Ore, quotidiano di Confindustria, a volte punzecchia palazzo Chigi, manifesta scetticismo. Ma il presidente Giorgio Squinzi รจ diventato silenzioso. La sua vocale opposizione al renzismo si รจ evoluta in muto distacco. Ma la sua opinione del premier non รจ certo migliorata, e i giudizi critici sono condivisi dal concorrente Carlo Sangalli, gran capo di Confcommercio (che non ha gradito la crociata renziana contro le Camere di Commercio, in gran parte presiedute proprio da commercianti). Lโelenco dei nemici di Renzi si allunga, nessuno di questi da solo รจ in grado di preoccuparlo, ma come fronte compatto possono creargli parecchi problemi.