Monti, Bondi, Sindaci, Imu, Equitalia, la grande beffa. Sicuro? L’Irpef

Guerra dell’Imu altra presa in giro: in arrivo nuove imposte dai Comuni, che licenziano Equitalia, chissà perché, mentre Monti ci dice: i tagli fateveli da soli e una papera di Buffon riapre lo scudetto. Se non fossero cose stampate davanti ai nostri occhi ci sarebbe da pensare al sogno di una notte di cattiva digestione.

Il titolo di apertura del Sole 24 Ore è: “Addizionali Irpef e tariffe: nuovi rincari dai Comuni [che] preparano altre imposte per compensare il mancato gettito legato alla casa”. Nel sommario sotto c’è un campione di commedia all’italiana. Mentre si preparano a spremerci da altre parti, i sindaci salgono sul carro (o carroccio) della protesta anti Imu che “di allarga”, per forza, hanno capito che può dare i voti a costo zero. Di fronte hanno Mario Monti, che fa sentire il ruggito del topo: “Inaccettabile non pagare”, ma probabilmente la legge è stata fatta talmente male che il Governo non ha poteri, se non, come ha fatto il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, ricordare ai sindaci che portano la fascia tricolore.

Un titolo in prima pagina di Repubblica è: “I Comuni licenziano Equitalia: ‘Raccogliamo noi i tributi’. Cresce il fronte dei ribelli: troppo severo l’esattore Stato”. Leggiamola con un po’ di spirito critico e capiamo che i Comuni, cioè i Sindaci e i politici sparsi a migliaia e migliaia sui 300 mila km quadrati dello stivale, hanno visto nella rinuncia a Equitalia una grande occasione: gestire con criteri più elettorali, se non clientelari (così si traduce il termine “umano” che usano loro) l’esazione delle imposte e aprire alle proprie clientele una nuova riserva di caccia di assunzioni. Per i dipendenti di Equitalia resi ridondanti nessun timore, paga Pantalone. Se questo avvenisse per una azienda privata, sindacati, istituzioni e giudici del lavoro vigilerebbero perché i dipendenti venissero assunti dal subentrante, ma il settore pubblico è un’altra Italia.

Poi c’è la burla più grande, quella dei tagli di Bondi. Se c’era chi pensava, a vederlo così tutto tetro e grigio, che Monti non avesse senso dello humor si sbagliava, confondendo lo humor con il ridicolo. Basta guardare la foto di Monti con Massimo D’Alema a pagina 3 del Corriere della Sera: il lampo che passa negli occhi di Monti, mentre racconta un aneddoto tanto spiritoso da provocare un ammirato e compiaciuto quanto raro sorriso di D’Alema, è di arguta astuzia, di quelli che pensano sempre di saperne una più di te. E la sua storia, peraltro, sembra dargli ragione.

La riprova? La nomina di un gestore e risanatore di aziende stimato come Enrico Bondi. Che sia capace lo dimostrano i risultati delle aziende che gli sono state affidate, da Montedison a Telecom a Parmalat. Ma tra mettere a posto un’azienda in crisi, per quanto difficile, è nulla al confronto della missione impossibile, districarsi nella giungla di leggi, regolamenti, decreti che imbrigliano il settore pubblico fino a soffocarlo. La prova provata che era, come ha scritto martedì Repubblica, un “colpo di teatro” è nei titoli di apertura della maggior parte dei giornali: “Cittadini, segnalate gli sprechi” (Corriere della Sera), “Italiani, denunciate gli sprechi” (Repubblica), “Il Governo: denunciate gli sprechi” (la Stampa), “Segnalate gli sprechi sul web” (la scorzetta di limone del Messaggero).

Quel che umilia è che pensino che ci crediamo e quel che fa piangere è che i giornali ci credano davvero. Fanno eccezione Libero (“Giocate al tagliaspese. Siamo al ridicolo, ora Monti pretende che siano gli italiani a dirgli dove risparmiare, poi ammette che la riforma del lavoro non vale una cicca”) e il Giornale: “Governo cabaret, le tecno comiche” che detto dal quotidiano di Berlusconi, quello delle gare di burlesque, è persino macabro.

Sul Corriere della Sera Monti distilla una goccetta di veleno, “per la crescita serve tempo” dedicata a Corrado Passera, ministro dello Sviluppo, che, in una intervista un po’ acritica in prima pagina sul Fatto Quotidiano, si intestardisce a parlare di ridurre le tasse e dei 100 miliardi da ridare alle imprese ha il coraggio di dire: “Su pensioni e lavoro voti alti e qualche errore” e Monti “è il miglior presidente del Consiglio possibile”. Ben gli sta.

Comunque sembra un po’ tutto fumo: nessuno ricorda più le promesse di qualche mese fa di una crescita del 10% se si spezzavano le reni ai taxisti, declassata al 5% qualche settimana fa, come ricorda Libero a pagina 3.

Lo stesso Fatto ci riporta con i piedi a terra, con l’aiuto di Marco Lillo e Valeria Pacelli: “Contratto indiano: 8% ai faccendieri. Affari discutibili dietro le commesse di Finmeccanica con il Governo di Nuova Delhi”.

Tranquilli, la vita continua. Il Corriere della Sera porta in prima pagina una intervista a Angelino Alfano che alza la testa e dice: “I partiti non si commissariano”. Non ha gradito la nomina di Giuliano Amato a supervisore dei finanziamenti, anche se lo stesso Amato si era affrettato a dire che avrebbe fatto poco o nulla. Non ha gradito nemmeno Libero, che titola così: “Torna l’uomo che ha regalato all’Italia 507 miliardi di debito [bei tempi…]. Amato che è già costato 13 milioni di euro” (Franco Bechis).

Nessuno è perfetto. Il Mattino di Napoli la porta in prima pagina, ma è anche sugli altri giornali la notizia che un dossier finora segreto e partito da Palermo contro il procuratore di Nola Paolo Mancuso, che sarebbe stato intercettato al telefono mentre cercava di farsi raccomandare presso Maurizio Gasparri, per ottenere, nel Csm che doveva decidere, i voti della destra. Mancuso era sostenuto dalla corrente di sinistra. Dopo questo colpo di scena al veleno, al suo posto è stato scelto il procuratore di Potenza, Giovanni Colangelo.

Gian Antonio Stella segue il caso Verona, dove sono “tutti contro Tosi, il leghista democristiano” che spera, con ragione, di essere rieletto sindaco.

Sempre meglio che a Genova, dove, informa il Secolo XIX, un dibattito su una tv locale, Primocanale, non si è potuto tenere per l’aggressione di una nutrita pattuglia di un centinaio di tifosi di liste minori.

Sempre da Genova un esempio di come le vecchie parole d’ordine del fu partito comunista anneghino nella crisi. A Cornigliano, zona industriale e operaia per eccellenza, dove una volta i fumi dell’Italsider rendevano la vita un anticipo dell’inferno e ora si percepisce il benessere diffuso, l’asilo comunale ha posti limitati e nella selezione sono favoriti, in base a reddito e altri criteri rigorosamente di sinistra, i figli degli immigrati. Ma a tutto c’è un limite e al locale circolo del Pd la cosa non va giù a molti.

Per fortuna che c’è il calcio, che ci dà un’idea di quanto tutto sia appeso a un filo. Gazzetta dello Sport: “Paperissima Buffon. Sogno Milan”. Repubblica. “Buffon tradisce la Juve, Milan a -1”. Corriere della Sera: “L’errore di Buffon riapre il campionato”.  Piccolino, sulla Stampa di Torino. Dove ci sarebbe dovuta andare ia Juventus, mega foto del dibattito in tv tra Nicolas Sarkozy e François Hollande. A Mombaruzzo. Costigliole e Morsasco ancora forse non sanno che sono svaniti i sogni di essere annessi.

E dato che lo sport è la vita, leggiamo anche questa: Delio Rossi, allenatore della Fiorentina, picchia un suo giocatore, Ljajic, perché aveva protestato per la sostituzione. La Fiorentina, da buona mamma, ha esonerato l’allenatore.

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Marco Benedetto