L’ Italia, secondo Luca Ricolfi, avrebbe oggi “bisogno di una politica di destra fatta dalla sinistra”, di una “politica liberale, attuata e garantita dall’assai meno screditato personale politico di centro-sinistra”, che
“ridia un po’ di ossigeno a chi produce ricchezza e al tempo stesso sia capace di incidere profondamente sulla spesa pubblica, non già per smantellare lo Stato sociale bensì per completarlo, perché di un welfare che funziona c’è oggi più bisogno che mai”.
In un articolo intitolato “L’asino di Buridano“, quello che non sapendo scegliere tra due mucchi di fieno da quale mangiare morì di fame. pubblicato dalla Stampa, Ricolfi espone invece un triste presagio:
“Quel che avremo, verosimilmente, sarà un governo che dirà di battersi per «un paese più giusto», ma finirà per restituirci un paese forse anche più giusto, ma sicuramente più povero”.
Prima di arrivare alle sue amare conclusioni, che mettono a stampa i dubbi degli italiani alla vigilia della scelta elettorale del 2013, Ricolfi analizza i programmi dei partiti e, per quanto consapevole che ormai
“quasi nessuno crede alle promesse dei politici”,
cerca di individuare
“la stella polare di Bersani, Berlusconi e Monti? (di Grillo non parlo, perché la sua stella polare è chiara: «mandarli a casa tutti»)”.
Pierluigi Bersani. La sua stella polare è,
“come sempre per la sinistra, la spesa pubblica. Si tratta di trovare il modo di farla crescere, allentando il patto di stabilità interna (tradotto: lasciando che i Comuni che hanno soldi li spendano). E rinegoziando i vincoli europei (tradotto: lasciateci fare un po’ più di deficit), nella speranza che l’economia riparta.
“La diagnosi è chiara: abbiamo avuto troppo rigore, è giunta l’ora di varare qualche stimolo all’economia. Il che, nella mentalità della cultura di sinistra, significa sempre «trovare» le risorse, piuttosto che liberarle, nell’illusione che il Pil cresca perché lo Stato spende di più, e non perché lascia più soldi nelle tasche dei produttori. Quanto alle tasse, una patrimoniale sui ceti medio-alti non è esclusa (specie se ci fosse necessità di una manovra aggiuntiva), mentre è esclusa una significativa riduzione della pressione fiscale”.
Centro-destra e Berlusconi. Le stelle polari sono due.
“C’è la stella polare personale di Berlusconi, che è salvare sé stesso dai processi e le sue aziende dalle possibili conseguenze di leggi «contra personam» minacciate dalla sinistra (conflitto di interessi e concessioni pubbliche).
“C’è la stella polare dei governi guidati da Berlusconi, che è sempre stata la riduzione delle tasse, senza però ridurre la spesa, e dunque creando deficit pubblico. Con l’aggravante che oggi i mercati ci punirebbero senza pietà, mettendo a rischio la stabilità finanziaria dell’Italia e quindi i nostri risparmi.
Monti. Di Monti, scrive Ricolfi,
“per fortuna abbiamo un ricordo sufficientemente fresco da spegnere ogni illusione. Monti è stato l’unico leader che la possibilità di fare quel che ora promette l’ha avuta sul serio. Ha sciupato quasi del tutto quell’opportunità, muovendosi con una prudenza eccessiva, un rimprovero questo che in questi mesi gli è stato ripetutamente rivolto dai suoi stessi allievi bocconiani. Nemmeno sull’abolizione del valore legale del titolo di studio, tipico cavallo di battaglia della cultura liberale, il suo governo ha avuto il coraggio di prendere una posizione, preferendo nascondersi dietro una consultazione pubblica destinata a finire nel nulla.
“La stella polare di Monti è il rigore, ossia l’equilibrio dei conti pubblici imposto dall’Europa. I comportamenti passati del suo governo fanno pensare che Monti sia convinto che la via maestra per fermare la crescita del rapporto debito-pil sia azzerare il deficit, o meglio azzerare il deficit «corretto per il ciclo», il che in buona sostanza significa chiedere all’Europa di poter sforare un po’.
“La conseguenza positiva più importante è che, con il rigore sui conti pubblici, diventa meno probabile un collasso finanziario immediato, [che] è invece molto forte in caso di ritorno al governo di Berlusconi, e non è assente nel caso Bersani si trovasse a ripetere la triste commedia dell’ultimo governo Prodi, paralizzato – come l’asino di Buridano – dalle «diverse sensibilità» dei suoi ministri (per inciso: un governo Bersani-Monti-Vendola ci regalerebbe l’asino di Buridano perfetto).
“Ma l’ossessione per il deficit non fa i conti, soprattutto, con gli interessi futuri dell’Italia. I quali sono di aumentare stabilmente la torta da ridistribuire, più che accontentarsi di suddividere «in modo più equo» una torta che continua a restringersi di anno in anno. Un obiettivo, quello di far ripartire il Pil, che realisticamente si può raggiungere solo con riforme coraggiose, e tenendo i conti in ordine dal lato della spesa, anziché dal lato delle tasse come Monti e Bersani hanno mostrato finora di preferire”.